Settimanale, anno 16 - n. 39
Ven, 19 Aprile 2024

La Soffitta >> Father and Son

Gruppi, dischi, storie e personaggi che hanno fatto la storia della musica!

Ray Lamontagne - Till the sun turns black

Ray viene dal Maine. Da un paesaggio e una cultura tipicamente americani; atmosfere e contorni che ritroviamo in Till the sun turns black (2006) che segue Trouble uscito nel 2004. Fino al 2004 Ray si guadagnava da vivere facendo il falegname e della sua vecchia professione ha certamente mantenuto quella perizia artigianale che contraddistingue anche le sue canzoni e interpretazioni. Le ballate e le canzoni che ne escono sono tutte riconducibili a quel saper fare che è tipicamente hemingwayiano, l'uomo mitico americano, sono grandi e piccoli oggetti di un sapiente artigiano che sa trasformare il legno, dargli una nuova vita e una nuova luce, con l'uso sapiente dei ferri del mestiere. Così accade anche nella creazione delle sue canzoni. Questo album, più del primo di debutto, ha il sapore perfetto delle cose antiche, con canzoni d'autore in stile "americana" cantate, scritte e suonate con classe, come si faceva un tempo; però restando saldamente ancorato al tempo che si sta vivendo.
Ascoltando tutto l'album ci troviamo di fronte un personaggio introverso, complesso che reagisce alla realtà che lo circonda regalandoci canzoni intime, scarne, eppure piene di calore. Van Morrison, Joe Cocker, Nick Drake sono i suoi padri putativi. Sussurri e improvvisi climax vocali, voce pastosa e roca dalle mille sfumature emotive (proprio come quando ci si muove nei paesaggi autunnali), un innato talento nello scrivere ballate folk ed un certo genio nella composizione orchestrale fanno di La Montagne un cantautore di spessore. Si sente molto negli arrangiamenti con una forte prevalenza di archi, che non eccede mai oltre il dovuto, il tocco del suo amico Ethan Johns che con la sua lunga esperienza, il suo modo di leggere il folk e la sua concezione di uno stile "Americana" completa in un connubio perfetto la bravura di Ray.
In tutto il disco si respira un'aria effettivamente cinematografica. Crescendi, diminuendi e sospensioni, proprio come nella musica, proprio come nel cinema, proprio come nella vita.
Be here now  apre il disco trasportandoci subito in una situazione di sospensione, un momento senza tempo, semplici arpeggi di chitarra acustica e scale discendenti del piano, sostenuti da armonie degli archi. Si potrebbe immaginare come una porta sospesa passata la quale si entra in un mondo melanconico e felice allo stesso tempo. Così Empty diventa subito country, dai modi vagamente western muovendosi tra archi,  chitarra acustica e basso. Una voce caldissima, leggermente rauca che carezza tingendo le cose di una precisa malinconia, come di un paesaggio ormai perduto. Barfly è un piccolo capolavoro di semplicità: la voce di Ray, accompagnata da un orgnano e da una chitarra elettrica che ricorda molto il grande J.J. Cale, ci porta in un pezzo che si tinge  di blues. Il funky-soul-blues di Three more days ha un impianto decisamente Motown, reso con l'utilizzo canonico di organo Hammond e fiati che accompagnano una voce che ci ricorda il primissimo Joe Cocker di "With a little help from my friends". Con Can I stay ritorna l'ariosità e la sospensione del brano d'apertura. La voce è quasi sola, talmente ispirata, accompagnata da archi e chitarra acustica, una vera e propria canzone d'amore. Tutto si tinge di Jazz metropolitano alla "Kind of Blue" di Miles Davis in You can bring me flowers: contrabbasso, fiati all'unisono si muovono su temi semplici e incisivi, ben sostenuti da una batteria con le rullate in pianissimo tipiche del jazz e un solo finale di flauto traverso che impreziosisce il tutto. Torniamo ai suoni tipicamente country-blues con Gone away from me che si muove tra fiati e chitarra acustica. L'inevitabile perdita delle cose che più amiamo. In Lesson learned e Truly, madly, deeply  una chitarra classica ci porta a tinture malinconiche. Laddove c'era forza ora c'è debolezza, laddove c'era presenza fisica ora c'è assenza che annienta. Si percepisce solo una serenità appena annunciata, ma di là da venire. Gli archi tornano a dominare nella bellissima Till the sun turns black che lentamente ci fa scivolare nel buio, con un sorprendente crescendo tra archi e voce. A chiudere il disco è Within you voce, dobro, chitarre acustiche e archi. L'uso di uno strumento quale il Dobro è assolutamente perfetto: la timbrica metallica, che è una specificità secondaria dello strumento, risuona come un credibile omaggio a tutta la tradizione musicale americana.

Father and son

Un fine settimana come tanti altri. Un venerdì come tanti che si erano succeduti nei mesi e negli anni, e tanti anni erano passati da quella prima volta in cui Fred Greenbaum aveva portato il suo piccolo Bob a pescare nel  "lago dorato" nel Maine, immerso in un bosco silenzioso e tetro, ma semplicemente fantastico per quanto riguardava la natura. Un vero e proprio Cottage in legno di rovere costruito con le sue mani di rude falegname li accoglieva ogni week-end donandogli giorni di tranquillità e serenità che mai avrebbero avuto se fossero rimasti in città, in quel ventre mostruoso che macina tutto contemporaneamente: affetti, tempo, metallo, smog, cemento. Ogni volta che potevano i due Greenbaum, padre e figlio, se ne scappavano via montando su una vecchia Jeep Cherokee degli anni ottanta bianco-sporco di Fred, attraversavano parecchi chilometri e svariati paesaggi nel centro dell'America e raggiungevano il posto che a loro pareva il più bello del mondo.
Bob, durante il viaggio, guardava sempre fuori dai finestrini mentre il padre guidava. Vedeva cambiare tutte le tinte dei paesaggi che si susseguivano incessanti, nessuno mai uguale al precedente, in un turbinio di emozioni che via via trasformavano il suo stato d'animo: da freddo e realistico diveniva sempre più emotivamente fantasioso e irrazionale. Si andava incontro a qualcosa che si era dimenticata per l'intera settimana, quella natura matrigna e bellissima, piena di messaggi e codici cui bisognava riabituarsi ogni volta da capo per accedervi. La porta era là sospesa su quel lago. Era bello entrare e sbirciare dall'altra parte, ma era altrettanto brutto uscire e doverla richiudere quando la piccola vacanza era finita. Prima i doveri della scuola, poi dell'università e ora il lavoro erano sempre lì a ricordargli che non si può vivere di soli emozioni, che erano momenti solo momenti e così dovevano restare. La società lo voleva, il sistema lo pretendeva.
La madre Martha era completamente impazzita quando lui aveva solo 10 anni. Ha continuato a vivere per altri tre anni in una condizione sempre più infelice e depressa, aveva anche iniziato a bere e alla fine era morta ridotta come un cencio vecchio. Bob non ricordava poi molto di lei, se non il suo amore fortissimo che trapassava anche dalle maglie strette della follia che l'aveva rapita. Soprattutto i suoi occhi blu, quasi languidi nel modo di guardare, erano una tangibile eredità che Bob si piccava di possedere. C'era stato poco tempo per conoscerla veramente. Se n'era andata via troppo presto e nel peggiore dei modi: umiliata da se stessa. Ma suo figlio la ricorderà sempre come una bellissima ragazza con i capelli biondissimi e con le trecce, e con quegli occhi che facevano sognare. Lì tra le montagne e il bosco, sospesi su quel lago dorato la sua presenza si faceva sempre più nitida. Erano di nuovo tutti e tre, felici come non lo erano mai stati.
"Hey Baba, sai che guidi proprio di merda?!" così diceva improvvisamente sempre al padre a metà del viaggio che era tutte curve nervose e rettilinei che sembravano eterni. Fred non se la prendeva per nulla e in silenzio continuava a guidare sempre allo stesso modo e a fumare le sue fedelissime Lucky Strike senza filtro.
Eccoli giunti nella stradina tutta pietrisco e foglie secche alla fine della quale si trovava il Cottage Greenbaum in un bosco magnifico e pauroso. Così l'aveva sempre visto Bob e anche oggi che aveva passato i trenta da molto lo vedeva sempre allo stesso modo. A imprimergli quella visione erano stati anche e soprattutto i racconti terrifici e agghiaccianti che il padre gli raccontava sempre prima di andare a dormire oppure seduti davanti al fuoco in salotto oppure sulla veranda fuori mentre bevevano birra e limonata ghiacciata. Ecco, Bob si era formato con questi racconti in quel luogo particolare. Quello che era oggi lo doveva proprio a questo
divertissment del padre che impazziva dal piacere quando qualcuno lo stava a sentire rapito come faceva Bob. Fred era un uomo silenzioso ma in quei momenti fatidici usciva fuori un suo profondo strato istrionico, sepolto, che lo rendeva un affabulatore portentoso, capace di usare sapientemente la voce pastosa e un po' rauca, alternando teatralmente delle giuste pause con silenzi che si riempivano di Pathos e Suspance, per poi dare la stoccata finale all'ascoltatore che ormai a bocca aperta dipendeva al 100% dalle sue labbra e dalla fine delle atroci storie che andava raccontando. Da tutte queste storie usciva fuori una filosofia alquanto realistica e disincantata: non esisteva altro che la fisicità dei corpi, con le loro storture, il loro sangue e le rare volte che potevano provare piacere. Non era bello il mondo che Fred andava decantando, ma almeno era la realtà nuda e cruda che si manifestava attraverso quelle storie anche fantastiche e surreali. E il figlio, che da sempre era stato il suo miglior ascoltatore, doveva ricevere ogni volta una rivelazione nuova da conservare gelosamente dentro di sé. Per quel rude falegname, questa era la vera educazione da dare ai propri figli e non quelle visioni edulcorate e stucchevoli piene di concetti aleatori che pretendevano di spiegare il mondo a persone deboli propinate dal 99% dei padri ai propri figli. Era immorale e diseducativo.
Fred era uno che non leggeva mai. I quotidiani li detestava, ascoltava solo musica alla radio mentre lavorava e quando c'era il notiziario delle volte cambiava stazione. Di libri ne aveva letti una decina quando ancora andava a scuola da piccolo. Era un pozzo di saggezza però, sapeva dispensarne in piccole perle a tutti quelli che lo interpellavano per qualcosa e su qualsiasi argomento.
Aveva questo dono che mancava totalmente a suo figlio Bob che lo aveva sviluppato però nella scrittura. Aveva fatto le scuole, tutte, e poi l'università. Aveva studiato tutta la vita insomma e ora si guadagnava da vivere scrivendo stronzate in televisione. Coltivava intanto il sogno di scrivere sempre il suo primo libro, che avrebbe cambiato la vita a migliaia di persone che continuavano a vivere nella menzogna. Ma erano ormai più di 10 anni che ci lavorava e non lo portava mai a termine perché non era mai contento e soddisfatto. Non era certo felice del suo lavoro in televisione: scrivere battute per conduttori con un centimetro di fondotinta e mezzo centimetro di cervello era aberrante ma era ciò che lo faceva sopravvivere.
Suo padre Fred era invece prima di tutto uno splendido falegname. Sapeva cercarsi il legno migliore scegliendolo fra mille e in questa ricerca passavano anche mesi. Proprio come lo scrittore che è alla ricerca della storia e dell'ispirazione giusta. Una volta trovato, se lo portava nel suo Atelier in città e cominciava ad osservarlo per qualche giorno. Una volta stabilito per quale fine sarebbe stato giusto, si buttava a lavorarlo con tutto il suo armamentario per giorni, in un lavoro duro e quasi disperato. A volte dimenticava persino di mangiare ma non certo di fumare, anzi lavorava e fumava come un pazzo. Era abituato così da sempre era un modo di procedere in un lavoro magnifico e impeccabile e lo aiutava certamente nella concentrazione. Ma alla fine l'oggetto che ne usciva lo ripagava di tutto quel sudore donandogli una felicità possente. L'armadio, il comodino, il letto, la piattiera, il tavolino stavano lì come oggetti di primordine, sapientemente confezionati al meglio, pronti per essere prima ammirati e successivamente comprati dal migliore offerente.
Quando si trovavano al centro del lago con la piccola barchetta che Fred aveva chiamato "Martina" in onore di sua moglie ormai morta, con le loro lenze infilate nell'acqua cheta e quasi immobile, alla ricerca del pregiatissimo coregone, erano in una situazione particolare. Un silenzio perfetto, rotto solo dal verso di qualche rapace che volava radente l'acqua alla ricerca di qualche  preda e dallo stormire delle foglie provocato da un vento lento e leggero, li vedeva immersi in un'atmosfera sospesa, quasi mitica, ognuno perso nei propri pensieri. Era il momento di ricostituirsi.
Quel giorno però Bob non smetteva di pensare a quella busta verde con dentro un referto medico che aveva trovato sulla scrivania del padre, un foglio buttato lì confuso fra bollette e altre cartacce. Sulla busta c'era proprio scritto Egregio Signor Fred Greenbaum...e dentro...aveva un cazzo di enfisema polmonare, proprio suo padre. Con quelle mani forti e risolute, quel torace possente dove si rifugiava da piccolino, un uomo di quella stazza stava per morire e lo stava abbandonando. Non ci poteva credere.
Fred dal canto suo non era cambiato di una virgola, il suo comportamento era sempre lo stesso, quello di sempre. Continuava a tossire sempre alla stessa maniera, ormai da anni, forse il respiro s'era via via fatto più affaticato.
"Hey Bob, per favore passami una  bella birra ghiacciata" diceva al figlio mentre teneva la sua lenza bella tirata, "non riesco a pescare se non bevo, lo sai."
"Certo, Baba." Così Bob aveva sempre chiamato affettuosamente suo padre Fred. "Così poi potrai fumarti anche una bella Lucky no?!" continuò Bob con un tono che certo tradiva un nervosismo incontenibile, mentre gli passava una birra e se ne apriva una per sé. Seguì un silenzio un po' disagevole, ma solo per Bob, perché suo padre non sembrava serbare rancore. Ecco un'altra cosa che aveva sempre ammirato in lui era non serbare rancore, non offendersi o stizzirsi subito per una frase buttata là. Manteneva sempre un certo aplomb, quell'altezzosità che connota gli uomini nobili e li rende in questo e solo in questo diversi dagli altri. Fred se si arrabbiava si arrabbiava davvero e per ragioni profonde e precise. E allora era capace di non parlarti e tenerti il muso per giorni o anche mesi. In passato era accaduto.
"Hey Baba mi sa che i coregoni se ne sono andati in città questo week-end"disse Bob con tono sarcastico"non so se riusciremo a prenderne uno oggi. Sono due ore che siamo qui e nessuno ha risposto all'appello."
Fred guardò il figlio con uno sguardo sapiente e olimpico e gli disse: "Non essere sciocco. Pazienta e le cose arriveranno, lo sai che è così."
Ecco, suo padre sapeva sempre dire le cose nel modo e col tono giusto, cose anche ovvie ma dette in una maniera effettiva che lasciava l'interlocutore un po' spaesato.
La sera davanti al fuoco stavano bevendo birra mentre un grosso coregone friggeva sulla grata emanando un profumo delizioso. Naturalmente un uomo come Fred era anche un ottimo cuoco. Non poteva essere diversamente. Aveva rimpinzato bene il ventre del pesce eviscerato con pomodorini, cipolla fresca, prezzemolo, limone. L'avrebbe servito con un filo d'olio e un contorno di patate lessate.
Bob era davvero triste. Non riusciva a non esserlo. Gli tornava in mente quella maledetta busta verde. Fred era sempre stato tutto per lui, fin da piccolo. Padre, madre, fratello e soprattutto amico. Tutte le volte che aveva un cazzo di problema, e di problemi ne  aveva avuti davvero tanti durante quei 30 anni, correva di filato da Fred che era sempre pronto ad ascoltarlo e a dargli una mano. In realtà il procedimento era di effettiva dialettica; ma Fred usava questo metodo senza mai imporre il suo punto di vista, anzi Bob quasi sempre giungeva agli stessi concetti del padre non perché fossero più giusti ma semplicemente perché erano due menti che si confrontavano allo specchio e alla fine si sceglieva il prodotto migliore.
Cosa avrebbe fatto senza di lui, come avrebbe potuto vivere. Sapeva che tutto questo rientrava pienamente nella natura della vita, nell'eterno ciclo della natura, ma non poteva rassegnarsi all'idea.
"Baba ho letto quel referto." disse Bob improvvisamente al padre, "hai un maledetto enfisema. E non mi hai detto niente, cazzo!". Scoppiò quasi a piangere.
Fred si bloccò improvvisamente nell'addentare un grosso pezzo di coregone. Posò il piatto sul tavolino, prese la birra e ne bevve un lungo sorso. Quindi si accese una sigaretta.
"Bob,Bob" disse Fred in tono pacato e calmo "lo so quello che stai passando. Ma non ci si può fare niente, è così che va la vita, non vi si può opporre nessuna resistenza. Don Chisciotte è morto e lo sai."
"Ma Baba almeno smetti di fumare quella maledetta sigaretta!" proferì Bob tra i singhiozzi.
"E perché dovrei."rispose divertito Fred, "Non capisci che non cambia niente. Vieni qui figlio mio" si avvicinò e abbracciò Bob.
"La natura caro mio fa semplicemente il suo corso" continuò Fred quasi dolcemente.
"Non me ne frega un cazzo della Natura, Baba." gridò ferocemente Bob "non posso credere che non ci sia nulla da fare. Appena torno in città farò di tutto per trovare i migliori medici e i migliori ospedali. Non ti preoccupare Baba non morirai così."
"Bob, stammi a sentire" Fred prese il volto del figlio fra le mani "è un enfisema all'ultimo stadio con più metastasi di quanti sono gli stati che compongono la bandiera americana. Capito! Chiunque ti confermerebbe questa stessa prognosi, anche Dio se esistesse." Disse con una lieve amarezza nella voce. "Ora calmati e continuiamo a mangiare il nostro succulento pesce" continuò come se nulla fosse successo "siamo qui come sempre per divertirci e rilassarci. Su, ora ricomponiti e mangia."
Bob non poteva crederci. Suo padre era incredibile. Quale altra lezione voleva impartirgli facendo così. Anche se non aveva più fame, riprese a mangiare per fargli piacere.
Dopo che ebbero sparecchiato in silenzio, Fred si accese una sigaretta e prendendo il figlio per il gomito gli disse in tono seduttivo: "Dai Bob vieni in veranda. Ci accomodiamo con una bella birra fresca, guardiamo la silente foresta e ti racconto una bella storia. Vieni, non te ne pentirai."
Bob si lasciò portare in veranda e come in trance si sedette in veranda con una bella birra ghiacciata, pronto ad ascoltare un nuovo pauroso racconto del padre, stavolta con un presentimento però. Non sarebbe stato come le altre volte, ma sarebbe stato molto ma molto più terribile.

Gianluca Nicastro