Settimanale, anno 16 - n. 40
Gio, 25 Aprile 2024

Recensioni >> Yann Tiersen-Tabarly

Chi decide di misurarsi con l'incredibile forza del mare è consapevole dell'ardua prova che l'aspetta. La natura è simbolo di gioia e spensieratezza come di rischio e avventura e questo il viaggiatore, che vive il mare, lo sa bene. Una cosa che non abbiamo ancora detto però è che il mare permette all'uomo di conquistare quel valore che di questi tempi sembra non aver più molta importanza: la libertà.
All'età di tre anni Éric Tabarly, navigatore e scrittore francese, decise che sfidare il mare e solcare l'acqua a bordo della sua fedele compagna Pen Duick, sarebbe stato lo scopo della sua vita. Per tanti navigatori che gli furono contemporanei e successivi, Tabarly fu l'esempio da seguire, l'ispirazione a cui aggrapparsi per dar vita a incredibili avventure, per gareggiare sull'acqua. Queste sue vittorie e scoperte gli valsero il riconoscimento della Légion d'honneur per ben tre volte.
Purtroppo però, la notte tra il 12 e il 13 giugno del 1998, il navigatore di Nantes che si trovava a bordo della sua vela, scomparve nel mare d'Irlanda.
In occasione del decimo anniversario della sua morte il cineasta francese Pierre Marcel, dedica a Tabarly un film-documentario molto interessante con le illuminanti musiche di Yann Tiersen.
Nasce così Tabarly, ultimo lavoro del compositore francese, edito inizialmente su vinile e poi disponibile in versione cd audio.
Spesso abbiamo visto Yann Tiersen cimentarsi in colonne sonore: chi può dimenticare l'inconfondibile sound parigino che seguiva le vicende romantiche e sognatrici di Amelie Poulain o chi non ricorda la drammaticità e l'intensità delle musiche di Goodbye Lenin! tematiche che toccarono il musicista personalmente come più volte ha dichiarato.
Questo album però, sicuramente marchiato Tiersen, ha qualcosa di diverso e riflessivo al suo interno. Già dall'incipit di Tabarly possiamo intuire cos'è che il musicista vuole suggerirci. La commistione di accordi distesi, gravi che vanno a confondersi in sonorità più acute e aperte ci dà quella sensazione di pace e tranquillità, quell'impressione che le onde del mare stiano accarezzando e cullando il legno dell'imbarcazione. Nel descrivere immagini naturali, che trasmettano positività ma anche inquietudine, Yann Tiersen è sempre stato un indiscutibile e raffinato maestro.
Gioiosa e soffice è invece IV in cui l'arpeggio di chitarra cerca di evocare chissà quale lucente e inesplorata parte del mondo incorrotta dalla società odierna. Stesso discorso vale per 8mm, che ci riporta ai sogni, a quella spensieratezza che forse con i tempi che corrono frenetici e calcolatori abbiamo perso, o accantonato in chissà quale cassetto.
Au Dessous Du Vulcan risulta essere invece una composizione a parte rispetto all'intero album. Non tanto per gli strumenti usati (chitarra elettettrica e sintetizzatori a cui si aggiungono dei violini dai registri chiari) ma nel modo in cui vengono impiegati. L'aspetto rumorista -idea poco presente nei lavori del compositore francese fatta eccezione per On Tour che ha contribuito alla creazione di questo Tabarly- e la continua ricerca del sound perfetto contribuiscono a creare una vorticoso effetto ostinato donando al pezzo un'atmosfera tutta particolare.
Molti sono i modi in cui si vuole dipingere questa figura leggendaria. C'è qualcosa di estremamente romantico e qualcosa di estremamente triste nel tocco pianistico di Yann Tiersen che ha un modo tutto suo di suonare e gestire le sensazioni. Alle volte le melodie possono risultare troppo semplici ma nascondono una complessità di fondo, direi quasi filosofica. Il confronto tra la bellissima Point Mort (lenta e sofferta) e Derniere a tempo di walzer (allegra e soffice) sottolinea più volte, e non poco velatamente quell'eterno ossimoro felicità/solitudine che è solito negli uomini liberi come Tabarly.
L'album chiude in bellezza con un climax di intensità che si ritrova in Atlantique Nord e che lascia in sospeso la questione forse più controversa e contraddittoria della vita di Eric Tabarly: la morte, che guarda caso è contrario di vita, di vivacità, di libertà.
L'ultima Eire descrive in sessanta secondi una sensazione strana, di ascensione. A mio avviso e non a caso, è il brano più intenso e sensuale dell'album. Se potessimo chiudere per un'attimo gli occhi saremmo proprio lì, di fronte al mare d'Irlanda, con quei paesaggi sconfinati, con il mare gelido che avvolge di nebbia le coste celtiche. Tabarly è un lavoro blu, azzurro come l'oceano e verde come i prati irlandesi. Questa visione positiva rende omaggio alla completa libertà di vivere solo con le proprie forze,  rispettando il mondo e soprattutto le nostre volontà.

Martina Sanzi                     (14.12.08)