Settimanale, anno 16 - n. 42
Gio, 9 Maggio 2024

La Soffitta >> La grande truffa del rock tricolore

Gruppi, dischi, storie e personaggi che hanno fatto la storia della musica!

Da molti anni si disquisisce fra gli addetti ai lavori e gli appassionati che si dilettano con la musica sullo stato di salute e la ragion d'essere del cosiddetto rock italiano..una definizione in realtà spesso usata a sproposito che si potrebbe sostituire con mainstream radiofonico, poiché  quasi sempre di quello si tratta, confuso e spacciato per ciò che non è.
Personaggi di enorme successo commerciale e di immagine, addirittura assurti alla gloria di modelli e rappresentanti dell'universo giovanile come Vasco Rossi, Zucchero e Ligabue sono l'esempio più vistoso di questo equivoco gigantesco (o furbissima mistificazione?) che li vorrebbe (e in realtà li vende come) artisti rock, se non addirittura, nel caso di Zucchero, alfieri del blues (e qui la risata scappa spontanea, anche se presto strozzata da un moto di indignato disgusto e sacrosanta ira)...ancora una volta uno spunto per riflessioni fuori dai denti e per poter affermare subito dopo: BASTA KAZZATE!!!
Vasco Rossi, l'esempio più eclatante, colui che da almeno 25 anni conosce in Italia un successo senza crisi di vendite, anzi sempre crescente, con concerti trasformati in avvenimenti immancabili, è senza dubbio un grande appassionato ed anche conoscitore di musica e cultura rock, prima di diventare celebre ha fatto per anni il dj in radio e discoteche diffondendo il Verbo in maniera competente ed appassionata, sognando egli stesso di diventare una rockstar. Alla fine degli anni '70 prende il volo: con pochi soldi riesce ad auto prodursi una manciata di pezzi piuttosto interessanti perché diversi dalla media cantaurorale, energici gli arrangiamenti, divertente e informale la scrittura dei testi.
Personalmente in quel periodo, da adolescente, lo apprezzavo. Ho ancora 2 suoi dischi in vinile che ho comprato nel 1981, quello con Albachiara e Non Siamo Mica gli Americani, e quello con Colpa d'Alfredo.
Mi divertiva all'epoca, e pensavo, allora come oggi, che Albachiara fosse una stupenda canzone, ben scritta e ben suonata. Fine della storia, per me Vasco Rossi potrebbe essersi ritirato nel 1982. I suoi dischi dall'82 in poi suonano come totalmente inutili, tronfio trionfo di banalità, clichè maledetti, testi irritanti nella loro sgrammaticata colloquialità che alcuni giustificano come "capacità di comunicare ai giovani semplici, parla come loro" (ma perché a questi benedetti giovani devi sempre rivolgerti in maniera bassa e terra terra e non abituarli bene???). Il personaggio, da molti anni venerato e circondato da un morboso affetto dei fans che lo ha reso un fenomeno di costume, è da tempo a dir poco controverso...un vero appassionato di rock, onore alla sua antica opera di dj e al suo voler diventare come i suoi eroi musicali, ma ormai lascia allibiti vederlo nel suo ultimo video cantare le lodi del protagonista assoluto del video stesso: il posteriore di una ragazza in jeans.
O agitarsi durante i concerti con l'aria dell'eterno sconvolto per contratto.

Tutto ciò sarebbe il minimo, se ci fosse una qualche sostanza a supporto del personaggio. Ma il discorso musicale è ugualmente sconfortante...uno pseudo rock da stadio, con suoni il più roboanti possibile per gettare fumo negli occhi e coprire la vacuità di idee che si ripete da decenni.
In Italia, si sa, resiste immarcescibile lo stereotipo che bastano i capelli lunghi, un giubbotto di pelle, i jeans strappati, una chitarra elettrica, sonorità fragorose, canzoni con assoli strappamutande, (poco importa se sconfinanti nel kitsch più grottesco e nella involontaria auto-parodia) e automaticamente si ha diritto per sempre alla patente di artista rock.
Come sempre nel peggio della musica italiana anche i produttori di Vasco si adeguano: si scimmiottano anno dopo anno i suoni e le tendenze che vanno in classifica, ecco allora i suoni reggae, poi quelli hard rock, poi quasi metal, poi la ballatona con la batteria che sembra un fustino amplificato (e però è suonata da quel mostro di turnista americano che costa magari 400.000$, quindi in effetti è uno stupendo suono di batteria suonata magistralmente...).
I turnisti, italiani e non,  nomi famosi, grandissimi musicisti che suonano nei dischi e nei tour di Rossi servono soltanto a mascherare l'assenza di contenuto e la banalità della scrittura. Ma lo sapete come funzionano da molti anni i tours e le produzioni discografiche? Sicuramente non si svela qui nulla di nuovo, ma è bene ribadire che il 
turnista si chiama così perché fa i turni in studio a pagamento...egli suonerebbe qualunque cosa, se ben retribuito secondo il suo valore e prezzo, l'ottimo Andrea Braido, chitarrista sopraffino, suona ciò che gli si richiede previo assegnino da incassare. Stesso discorso per gli americani eccellenti che imperversano negli italici dischetti..spesso sono accordi tra multinazionali per dare prestigio a produzioni minori, da decenni questo succede in tutto il mondo musicale anche non italiano: Slash che suona per Michael Jackson, Miles Davis ed Eric Clapton che hanno suonato con Zucchero...gli esempi si sprecano e non garantiscono credibilità alcuna, questa gente fa talmente tanti turni che neppure si ricorda per chi ha suonato, e spesso neppure si conoscono, ricevono una base e incidono la loro parte e rispediscono al mittente. Se accettano di andare in tour, ci sono assegni a parecchi zeri dietro il loro assenso, non il rispetto o il piacere di suonare con l'italiano di turno.
Nulla da dire sulla buona fede di alcuni vecchi amici di Vasco come Solieri, altro grande chitarrista quando suona le cover rock, ma il suo contributo non migliora di una virgola la sostanza assente nelle canzoni scritte da Rossi.
Come detto in apertura, negli ultimi anni Vasco Rossi è diventato ancor più venerato, vezzeggiato e ricercato dai media di quanto fosse prima, ma il motivo è molto semplice: attira pubblico, ha un bacino d'utenza (se proprio vogliamo usare orrendi efficaci termini) smisurato, al di là di ogni gruppo sociale.
Nella cultura dell'apparire e dell'immagine fine a se stessa che cresce e prospera di giorno in giorno, Lui, come altre mega-stars dello stesso genere, è il simbolo di un successo e di un plebiscito universale che è molto comodo, anzi vitale, per i grossi media alimentare e blandire ad ogni occasione. Il metodo Mollica (è uscito un nuovo disco/film/libro, è bellissimo-invariabilmente) è ormai diffuso ovunque fra gli imbonitori delle masse mediatiche, supine e mangione di sottocultura. L'aspetto più triste che non riguarda solo Vasco Rossi ma è ormai fenomeno estesissimo è che le grandi adunate, i mega raduni, non importa se musicali, sportivi, politici, sono riti organizzati e vissuti come significanti in sé, non importa chi o cosa si va a vedere, è bello esserci, magari fare casino, o menare le mani, perciò le aspettative e il giudizio critico sullo spettacolo in questione sono irrilevanti: a chi importa se la squadra ha giocato da schifo e in difesa, se la fede è cieca e "Vi cancelliamo dalla terra" e "L'arbitro è un venduto" e la squadra del cuore è comunque sopra ogni cosa, anche se gli undici in campo sono viziati, svogliati e prendono milioni di euro sulla tua pelle di spettatore pagante? Ma chi se ne frega se il cantante suona e canta in playback o ha il correttore di tonalità se le luci sono da sballo e lui è sul megaschermo e sembra di toccarlo, proprio lui che di solito ti guarda dalla televisione o dalle pagine di Chi e invece adesso è lì a pochi metri? Ecco perché gente di ogni tipo, classe ed educazione si riconosce in spettacoli del genere, perché c'è un disperato bisogno di fare ed essere massa comune, di trovare un credo anche solo per 2 ore confusi al buio su un prato ad urlare le stesse parole che danno la parvenza di essere tutti insieme. Del resto non importa a nessuno, basta partecipare  all'evento di cui tutti parlano. Se confrontate uno di questi concerti venduti come "Eventi" con un altro suonato qualche sera dopo o prima vi accorgerete che è solo una tappa dell'infinita tournee in corso d'opera, tutto il resto è surreale, note, gesti e pose prive di senso nell'aria, ripetute come automi, il mercato e il tour programmato scientificamente secondo per secondo hanno vinto e imposto regole definitive.
Anche negli anni dell'ostracismo mediatico dovuto alle polemiche dichiarazioni sull'abuso e consumo di droghe, il pubblico enorme dei suoi concerti non ha mai abbandonato Vasco Rossi, perché molti comunque lo volevano così..lo sconvolto drogato che è fico perché gliele canta a tutti, perché si sconvolge "Anche per me che non lo posso più fare ora che ho famiglia", o "Per me che lo posso fare solo il venerdì sera, che il sabato non vado in fabbrica".
Sto banalizzando il tutto ai soliti luoghi comuni, ma il personaggio più di questo non può dare, non illudiamoci che ci siano altri reconditi motivi dietro il suo strabiliante seguito. I numeri nella percezione comune danno sempre ragione, soprattutto quando si parla di mercato, ma comunque è lecito e soprattutto salutare indagare, giudicare e riflettere.
L'altro falso storico che da anni si sente ripetere, che Zucchero canti e suoni musica blues, grida veramente vendetta, se non altro per il rispetto che si deve a questo nobile genere musicale e ai suoi onesti interpreti. Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, come Vasco Rossi, ha senza dubbio un passato e delle credenziali di appassionato cultore e amante di musica nera, soul e blues in particolare. Dotato naturalmente di una vocalità aspra, roca e di una espressività "black" ha fatto una lunghissima gavetta in cover bands che questa musica suonavano, cavandosela egregiamente. Ma da 20 anni a questa parte, nonostante tutti i cliché ostentati (organi Hammond, Chitarre degli anni '50, fiati, stuoli di coriste nere di ogni stazza, abbigliamento e video con atmosfere "Voodoo")  non fa altro che eseguire, sempre peggio, un banalissimo POP ITALIANO, che non ha musicalmente nulla delle 12 battute, nessun testo che parli di sofferenze, feeling, e atmosfere "blues", a meno che non consideriate blues versi immortali come "Pippo, che cazzo fai?", "Porto in giro la vita a fare la pipì", "Il tuo cervello non pesa un Kilo", ed altre simili testimonianze di poesia contemporanea incompresa. L'immagine sapientemente studiata, la complicità di scaltrissimi media e l'ignoranza generale della massa che non sa distinguere ormai più nulla, qualitativamente parlando, nell'immenso calderone di proposte musicali disponibili, hanno legittimato l'indebita appropriazione del titolo di bluesman italiano per il buontempone di Forte dei Marmi. Se solo mettesse la sua bella voce a servizio di un repertorio all'altezza...ma perché dovrebbe farlo???Per vendere 2000 copie di un disco di blues e rinunciare alle altre 998.000 garantite???
Lo vogliamo capire che Vasco Rossi, come Zucchero e Ligabue è una enorme macchina da soldi che deve essere alimentata continuamente con leggende, megaproduzioni faraoniche, sindrome dell'EVENTO a tutti i costi e tutto ciò che di mistificante la sottocultura promozionale si possa inventare? Ormai è una gallina dalle uova d'oro che non ha più niente da dire, se non ripetere all'infinito la farsa di un nuovo disco, identico al precedente, del nuovo tour, per gli stessi fans acritici religiosamente adoranti.
In questi tempi di magra, è una delle poche produzioni che in Italia rende, al 100%.
Personalmente non provo astio nei confronti di Rossi, Zucchero, Ligabue, etc li reputo inutili, sopravvalutati e noto tristemente quanto, più di altri, contribuiscano a formare un gusto medio basso per questa nobile arte che è la canzone, e a travisare la vera cultura rock, un multiforme pianeta che esiste da 50 anni, frutto di mille nobilissime influenze. Ma in conclusione è solo lo specchio dei tempi, la massa che fa numero non chiede di più ad una canzone, la minoranza di appassionati, o musicisti o musicofili che si diletta in ascolti approfonditi, discussioni e diffusione di notizie come può avvenire su questo sito, ognuno con le sue preferenze, è veramente minima, pochi fanno della musica una attenta e scelta colonna sonora della propria vita. Una volta accettato questo dato di fatto tutto è spiegabile, anche se con mesta rassegnazione.
Spiegabile sì, accettabile mai.

Andrea Angelini