Settimanale, anno 16 - n. 40
Gio, 25 Aprile 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 1. Brevi considerazioni sulla musica per film (Parte 5)

Dal muto al sonoro


Il passaggio dal muto al sonoro causa un grande sconvolgimento nel mondo del cinema. I primi a esserne danneggiati sono i musicisti che suonano nelle sale del muto, ora ridotti in miseria. "Le conseguenze derivanti dalla parola furono infatti incalcolabili ed investirono moltissimi aspetti del cinema" (Ermanno Comuzio)
I primi, abbiamo detto, sono gli orchestrali a essere colpiti, ma non solo. Tutto il sistema produttivo si deve riformare e adeguare alle nuove leggi imposte dal parlato. Il concetto di recitazione è naturalmente rivisitato, rinnovato, ricreato; molti idoli, ormai consacrati dal muto, sono scalzati da nuovi attori che sono pronti professionalmente ad affrontare il cinema sonoro, mentre essi, incapaci di adeguarsi, si ritirano dalle scene e si rinchiudono nelle loro splendide case nella massima solitudine, pascendosi di se stessi e del loro intramontabile ricordo.
Quello che, però, ne risente più di tutti è l'estetica cinematografica, la sua sintassi, i suoi moduli narrativi. Uno fra i tanti maestri del cinema muto, Charlie Chaplin, è fra i primi a dichiararsi contro il sonoro. "Chaplin dichiara addirittura nefasta l'applicazione del sonoro, al momento in cui la tecnica del muto aveva raggiunta un'eloquenza che nulla più aveva da invidiare a quella del verbo." (Roberto Paolella). La sua tendenza conservatrice gradualmente tende a minare l'artisticità stessa dei suoi film, sviluppatisi magistral­mente all'epoca del muto. Egli non è contro la musica, o i rumori, o il dialogo; tutto questo nei suoi film sonori c'è. La cosa che manca è la parola di Charlot. Come avrebbe dovuto parlare infatti la sua maschera? Essa è basata essenzialmente sul gioco mimico del corpo e del volto, non ha, non può avere una voce; se ne avesse una, morirebbe.
E' così che, fino a Modern Times ('36), Charlot non parla, creando intorno a sé un alone enigmatico. Con questo film il mutismo s'interrompe; l'espe­diente che Chaplin escogita è visibile (o meglio udibile) solo in   una  sequenza: quella del canto, dove si vede il cameriere-Charlot che sui polsini ha segnato il testo della canzone. Ad un tratto li perde e si produce in un canto in cui le parole non sono né comprensibili né naturali. "In quel momento egli comincia a parlare una lingua che non esiste e a pronunciare cantando parole inventate, incomprensibili, creando una grottesca mimica sonora che corrisponde perfettamente alla sua figura." (Béla Balazs)
Nei primi film sonori, generalmente, la musica o è ininterrotta, secondo il sistema adottato dal cinema muto, o se ne fa' un uso molto modesto, o addirittura non la si usa affatto. Tra il '29 e il '39 il cinema sonoro si sviluppa tecnicamente in modo molto rapido. Nei casi peggiori il dialogo copre tutto il film, lasciando alla musica poco spazio. Il dialogo ininterrotto va bene per il teatro, ma al cinema diventa troppo pesante. Il cinema ha bisogno di fluidità che si può ottenere solo con un equilibrato alternarsi tra dialogo, musica, rumori e azione drammatica. In questo periodo si tenta di avviarsi verso questa direzione, ma si sente la mancanza di una nuova estetica che sia solo del film sonoro. Perché il cinema muto e quello sonoro sembrano essere addirittura due forme d'arte differenti. Si continua a credere che è il dialogo e solo il dialogo a poter dare statuto di realisticità al film; gli altri elementi vengono tutti in secondo ordine, compresa l'immagine.
E' del '30 un film che impone manifestamente un impiego equilibrato e realistico della colonna sonora. Der Blaue Engel, prodotto in Germania, diretto da Josef Von Sternberg è il modello dal quale potrebbe nascere quest'estetica mancante, ma nessuno sembra coglierne il messaggio. Non è solo colpa dei registi; anche il pubblico contribuisce, abituato come è alla musica ininterrotta del cinema muto, non gli  reclama altra funzione che quella di accompagnare l'azione. Dove si interrompe è subito protesta. Sia il pubblico che gli uomini di cinema hanno così profondamente radicata la tradizione del muto che si dovranno attendere gli anni '50 inoltrati perché nasca finalmente quel rapporto equilibrato cui pure gli spiriti migliori di quest'epoca aspirano. 

Gianluca Nicastro       (18.1.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del dopoguerra italiano