Settimanale, anno 16 - n. 40
Mer, 24 Aprile 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 1.2  Il cinema del dopoguerra e la musica

Alla fine della seconda guerra mondiale l'Italia è in ginocchio. Il "ventennio fascista", i bombardamenti, i nazisti provocano l'azzeramento quasi totale di tutti quegli strati vivi nell'anteguerra. Strati che comprendono tutti gli aspetti economico-sociali che ora versano in condizioni di miseria ed abbattimento. Tutto intorno solo macerie e distruzione, una situazione materiale che naturalmente si ripercuote sul morale degli italiani, i quali si trovano di fronte ad un blocco da cui sembra impossibile uscire.
Il cinema risulta quasi del tutto spento. Durante la guerra, Cinecittà viene largamente saccheggiata dai nazisti e tutto il materiale cinematografico trasportato in Germania. I bombardamenti repentini degli alleati contribuiscono con la distruzione di alcuni edifici. Così, la fiorente Cinecittà, fulcro nell'anteguerra della cinematografia nazionale ed europea, viene a mancare.

Nel '44 l'unico cinema esistente è quello della Repubblica di Salò. Con la caduta del regime, i gerarchi fascisti che circolavano nel cinema fuggono da Roma e sono accolti a Venezia. Qui dànno vita alla cosiddetta "Cineisola", improvvisando teatri di posa e utilizzando attrezzature sottratte in parte a Cinecittà. Come dice il nome, un'isola in mezzo al deserto, visto la paralisi che aveva colpito il cinema italiano. Il tipo di film che ne viene fuori è la diretta continuazione dell' epoca dei "telefoni bianchi": un cinema, quindi, di completa evasione, di forte retorica, di auto­esaltazione con temi che inneggiano al glorioso passato dell'impero romano ed, infi­ne, il tutto come coperto da un edonismo fine a se stesso.
Fortunatamente, però, inizia a farsi strada, fra gli intellettuali e gli uomini di cinema, una nuova coscienza che direttamente si pone in opposizione al cinema d
i fattura e di etica fascista. Un dover essere che impone agli uomini dell'epoca di rimboccarsi le maniche e di guardare alla realtà desolante che li circonda con smaccato virilismo. Non più cinema da "salotto", chiuso in artificiosi ambienti costruiti nei teatri di posa. Un'ipocrisia che non ha più ragion d'essere. Bisogna conferire alla realtà il suo giusto peso, assolutamente.
Nasce così il Neorealismo, certamente il fenomeno più importante della storia del cinema nel dopoguerra e del cinema tout court.
Con Roma, città aperta ('45) di Roberto Rossellini il cinema italiano si riaffaccia alla ribalta internazionale. Solo poco dopo si comincia a parlare di Neorealismo. Il termine viene usato già negli anni '30 per la letteratura e le arti figurative; secondo Luchino Visconti, lo applica al cinema per la prima volta il montatore Mario Serandrei nel '43 a proposito del film Ossessione.
Più che una scuola o una corrente artistica, nel quadro di una generale svolta verso il realismo nell'immediato dopoguerra, il neorealismo cinematografico italiano è un modo nuovo di guardare e rappresentare la realtà dell'Italia uscita dalla guerra e dalla resistenza.

Gianluca Nicastro           (25.1.09)