Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano
Studi, tesi, riflessioni sulla musica
Capitolo 1.2 Il cinema del dopoguerra e la musica
Alla fine della seconda guerra mondiale l'Italia è in ginocchio. Il
"ventennio fascista", i bombardamenti, i nazisti provocano
l'azzeramento quasi totale di tutti quegli strati vivi nell'anteguerra. Strati
che comprendono tutti gli aspetti economico-sociali che ora versano in
condizioni di miseria ed abbattimento. Tutto intorno solo macerie e
distruzione, una situazione materiale che naturalmente si ripercuote sul morale
degli italiani, i quali si trovano di fronte ad un blocco da cui sembra
impossibile uscire.
Il cinema risulta quasi del tutto
spento. Durante la guerra, Cinecittà viene largamente saccheggiata dai nazisti
e tutto il materiale cinematografico trasportato in Germania. I bombardamenti
repentini degli alleati contribuiscono con la distruzione di alcuni edifici.
Così, la fiorente Cinecittà, fulcro nell'anteguerra della cinematografia
nazionale ed europea, viene a mancare.
Nel '44 l'unico cinema esistente è
quello della Repubblica di Salò. Con la caduta del regime, i gerarchi fascisti
che circolavano nel cinema fuggono da Roma e sono accolti a Venezia. Qui dànno
vita alla cosiddetta "Cineisola", improvvisando teatri di posa e utilizzando attrezzature sottratte in parte a
Cinecittà. Come dice il nome, un'isola in mezzo al deserto, visto la paralisi
che aveva colpito il cinema italiano. Il tipo di film che ne viene fuori è la
diretta continuazione dell' epoca dei "telefoni bianchi": un cinema,
quindi, di completa evasione, di forte retorica, di autoesaltazione con temi
che inneggiano al glorioso passato dell'impero romano ed, infine, il tutto
come coperto da un edonismo fine a se stesso.
Fortunatamente, però, inizia a
farsi strada, fra gli intellettuali e gli uomini di cinema, una nuova coscienza
che direttamente si pone in opposizione al cinema di fattura e di etica
fascista. Un dover essere che impone agli uomini dell'epoca di rimboccarsi le
maniche e di guardare alla realtà desolante che li circonda con smaccato
virilismo. Non più cinema da "salotto", chiuso in artificiosi
ambienti costruiti nei teatri di posa. Un'ipocrisia che non ha più ragion
d'essere. Bisogna conferire alla realtà il suo giusto peso, assolutamente.
Nasce così il Neorealismo, certamente
il fenomeno più importante della storia del cinema nel dopoguerra e del cinema tout court.
Con Roma, città aperta ('45) di Roberto
Rossellini il cinema italiano si riaffaccia alla ribalta internazionale.
Solo poco dopo si comincia a parlare di Neorealismo. Il termine viene usato già
negli anni '30 per la letteratura e le arti figurative; secondo Luchino
Visconti, lo applica al cinema per la prima volta il montatore Mario Serandrei nel '43 a proposito del
film Ossessione.
Più che una scuola
o una corrente artistica, nel quadro di una generale svolta verso il realismo
nell'immediato dopoguerra, il neorealismo cinematografico italiano è un modo
nuovo di guardare e rappresentare la realtà dell'Italia uscita dalla guerra e
dalla resistenza.
Gianluca Nicastro (25.1.09)