Settimanale, anno 16 - n. 36
Ven, 29 Marzo 2024

Sulla musica >> La canzone napoletana: 2° parte

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

La canzone napoletana: da canto popolare a romanza

Non possiamo fare a meno però di ricordare alcuni splendidi esempi di canzoni napoletane assurte all'onore del canto lirico, perché si sono cimentati nella loro esecuzione artisti di grande valore come Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, Beniamino Gigli, Ferruccio Tagliavini, Tito Schipa, per ricordarne soltanto alcuni. Più recentemente, ci sono stati Luciano Pavarotti, Andrea Bocelli, e tanti altri. Come già detto in altra occasione, questi brani non possono essere considerati banali canzonette, ma romanze vere e proprie: si pensi a I' te vurria vasà, 'Na sera ‘e maggio, Tu ca nun chiagne, Dicitencelle vuie...Romanze che richiedono all'esecutore un notevole impegno, che i grandi tenori testé nominati non si facevano certo mancare. Rimane qualche remora sulla pronuncia, spesso appena imitata, ben lontana dalla fluida e spontanea parlata partenopea. Naturalmente, sono esistiti anche tenori di pura estrazione napoletana, forse un po' meno noti al grande pubblico, come Enzo De Muro Lomanto, Amedeo Pariante, Gabriele Vanorio, Nunzio Gallo (in questo caso baritono).
Ma non sarebbe giusto ed equanime non ricordare quei cantanti che sono stati in qualche caso definiti "confidenziali", quelli che non dominano la scena con i loro acuti possenti, ma conquistano l'anima dell'ascoltatore con un'interpretazione sommessa, ma carica di sentimento: Roberto Murolo, Fausto Cigliano, Sergio Bruni...
Ed infine, non può mancare un cenno alla canzone allegra e spiritosa, che crea immancabilmente nel pubblico un'atmosfera di buonumore e di lieta partecipazione: grandi interpreti di questo genere sono stati Nino Taranto (chi non ricorda motivi allegri e trascinanti come Ciccio Formaggio, Dove sta zazà, M'aggia curà) e naturalmente il grande ed indimenticabile Renato Carosone, con i suoi Torero, Caravan petrol, Pigliate ‘na pastiglia, e tante altre.
Il lettore ci consenta una piccola parentesi tecnica: come la maggioranza delle persone sa bene, la musica è fatta di melodia, armonia e ritmo. Trascuriamo in questo caso il ritmo. L'armonia delle canzoni napoletane è molto semplice, ben lontana dai complicati giri armonici delle esecuzioni moderne; ma proprio questa caratteristica rende le canzoni così belle da ascoltare e da ripetere. La melodia è anch'essa semplicissima, ma possiede una particolarità: la cosiddetta "seconda napoletana", che in qualche caso dà al canto una connotazione particolarmente struggente, unica nel suo genere.
Il nome "seconda" si riferisce al secondo grado della scala musicale, cioè alla seconda nota della scala. Per esempio, se la prima nota è il Do, come accade per la scala di Do, la seconda (o secondo grado) è il Re. Se invece la prima nota fosse il La (scala di La), la seconda sarebbe il Si. Non è poi così difficile, vero?
La "seconda napoletana" è un secondo grado (come definito prima) abbassato di mezzo tono rispetto a quello naturale. Per chi conosce un po' la musica, nella scala di Do corrisponde al Re bemolle. In alcune canzoni napoletane, quando la melodia va verso il secondo grado, questo viene appunto abbassato di mezzo tono, e questo conferisce al brano un particolare carattere, che l'ascoltatore percepisce indubbiamente in modo emotivo, anche se non sa spiegarne la ragione.
Un esempio? Ascoltate attentamente quell'autentico capolavoro che è Dicitencello vuie, di Enzo Fusco e Rodolfo Falvo. Parla di un uomo timido, tanto timido che non ha il coraggio di dichiararsi alla donna che lo ha incantato, e prega una comune amica di fare da tramite. Alla fine si scoprirà che la donna del suo cuore è proprio questa amica! Fate attenzione al passaggio che è stato messo in evidenza: è una seconda napoletana.

"Dicitencello a 'sta cumpagna vosta
ch'aggio perduto 'o suonno e 'a fantasia
ca 'a penzo sempe
che e' tutta 'a vita mia
I'nce 'o vvulesse dicere
ma nun nce 'o ssaccio di' ".....

Per completare, dovremmo fare un elenco di tutti i poeti e compositori che hanno dato tanto lustro alla canzone napoletana, ma non lo facciamo per evitare incresciose omissioni. Ci limitiamo a citare Salvatore Di Giacomo, spessissimo presente nei motivi più belli, e la famiglia De Curtis (soltanto parenti del grande Totò).
Una curiosità: tra i grandi compositori troviamo E.A.Mario, pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta, paroliere e compositore. Chi direbbe che questo autore che ha composto Tammurriata nera, una maliziosa canzonatura della nascita di un bambino nero da una donna bianca, è anche l'autore della bellissima ed ispirata Santa Lucia luntana e della celeberrima Canzone del Piave, un brano che più di una volta è stato proposto come inno nazionale? E' la conferma che la genialità ha tanti modi di esprimersi, anche molto differenti tra loro.
Sulla canzone napoletana ci sarebbe ancora tanto da dire, ma non vogliamo rubare il mestiere a chi ha scritto saggi e storie su questo genere. Abbiamo soltanto voluto fare un rapido cenno, sperando di suscitare in chi legge la curiosità di saperne di più.

Giovanni Vitagliano (20.9.09)