Settimanale, anno 16 - n. 39
Ven, 19 Aprile 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 8) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione 

Roman Vlad e Una domenica d'agosto

Nato a Cernauti (Bucovina-Romania) il 29 dicembre 1919. Diplomatosi in pianoforte al conservatorio della sua città natale nel 1938 (con T. Tarnovski e L. Russu), si trasferisce a Roma lo stesso anno (è cittadino italiano dal '51), dove frequenta l'Università e si perfeziona in pianoforte con A. Casella all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diplomandosi nel 1941. Nel '42 ottiene con la Sinfonietta il premio Enescu di composizione. Dal '39 affianca alla composizione le attività di pianista, di critico musicale e di conferenziere (quest'ultima in Francia, Germania, Inghilterra e nel '54-'55 ai corsi della Summer School of Music di Dartington Hall). E' direttore artistico dell'Accademia Filarmonica Romana nel '55-'58 e dal '66 al '69, collaboratore del Terzo programma dal '58, direttore del XXVII Maggio Musicale Fiorentino nel '64, direttore artistico del teatro comunale di Firenze dal '68 al '72.  Dal '75 diviene direttore artistico del Festival Musicale di Ravello e so­vrintendente, dall '80 all '82, del teatro dell'Opera di Roma.
Profondo conoscitore delle vicende della musica del novecento, autore di un'importante monografia stravinskiana, appassionato studioso e divulgatore delle opere della dodecafonia viennese, nella sua attività di compositore Vlad tiene conto fin dagli esordi del cromatismo tonale e della dodecafonia, restando tuttavia estraneo tanto alle esasperate lacerazioni espressionistiche quanto ad ogni sorta di radicalizzazione razionalistica dei processi compositivi. Egli, insomma, cerca sem­pre di valersi delle acquisizioni formali della scuola dodecafonica viennese senza assumerli, peraltro, con un dogmatico valore normativo, ma considerandoli come semplici mezzi compositivi, passibili come tali di continue modifiche, innovazioni e superamenti. Nella sua produzione, caratterizzata da frequenti ricorsi e paradigmi classici e da un'evidente tendenza all'espressività e all'accessibilità, si può ravvisare l'intento di stabilire una continuità tra il nuovo spazio sonoro e quello antico, come avviene in composizioni strumentali quali gli Studi dodecafonici ('73), ma soprattutto in opere vocali come la Cantata III ('53), senza dubbio una delle migliori espressioni vladiane, la Lettura di Michelangelo ('64) e le Cadenze michelangiolesche, nelle quali la musica nei suoi nuclei fondamentali mira ad una corrispondenza con le ca­ratteristiche concettuali e sonore dei testi musicati. Si introduce nel cinema passando, dapprima, per alcuni documentari sull'arte e alcuni cortometraggi quale, per esempio, Le fidanzate di carta ('50) di Renzo Renzi. Nel 1949 approda al primo lungometraggio: Monastero di Santa Chiara di M. Sequi. Prosegue in questo campo partecipando ad altri lavori: Domenica  d'agosto ('50) di L. Emmer, Eroi dell'Artide ('54) di L. Emmer, I tre ladri ('54) di L. De Felice, Giulietta e Romeo ('54) di R. Castellani, Una pelliccia di visone ('56) di G. Pellegrini, I sogni nel cassetto ('57) di R. Castellani, La sfida ('58) di F. Rosi. Partecipa, inoltre, ad altre pellicole che, però, non si risolvono in un buon risultato artistico. La presenza di questo musicista nel cinema sembra essere importante "più per la sua funzione stimolatrice che per i singoli risultati." (Ermanno Comuzio). E', infatti, più nella sua attività teorica che emerge una certa coscienza dei problemi che la creazione di una musica da film comporta, come afferma lo stesso Vlad. Ricordiamo che in conseguenza alla sua attività complessiva in campo cinematografico, gli viene attribuito il Nastro d'argento nel 1950.

Gianluca Nicastro    (29.11.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano