Settimanale, anno 16 - n. 39
Gio, 18 Aprile 2024

Recensioni >> Eels - End Times

Eels è la straordinaria band che da anni rappresenta l'entità artistica di quel personaggio fuori dagli schemi che è Mark Everett.
Le sue prime pubblicazioni, parliamo di fine anni '80, furono una serie di canzoni in rigorosa bassa fedeltà dalle quali si riconosceva un'originale ed efficace vena cantautoriale, cosa che gli valse subito un buon contratto per la Polydor Da quel momento entrarono a far parte della band anche il bassista
Walters e il batterista Butch con i quali darà vita al progetto Eels.
Come in
Hombre Lobo, disco pubblicato nel 2009, anche nel nuovo End Times il buon Mister E è tornato a lavorare da solo, sempre più solo. 
Il precedente album racchiudeva una serie di canzoni di atmosfere eterogenee, ora ballabili e solari, ora riflessive e cupe. End times è un disco che presenta invece sia nei suoni che nell'attitudine una maggiore linearità.
Sembra che il nostro eroe abbia abbandonato le strade affollate di Los Angeles e come il protagonista del film
Una storia vera di David Lynch si sia ritirato in campagna con i suoi strumenti. 
The beginning apre, appunto, il disco, è una dolce ballata con chitarra acustica e voce assonnata e accennata. Si segue con il rock'n'roll elettrico di Gone man, Mark Everett sembra sempre più bravo nello scavare alla radice delle cose, il suo suono è scarno e essenziale, riff semplici e mirati al nocciolo della questione, ritmi ripetitivi.
Così come nel rock più scarno, le sue nuove ballate risplendono di luce più forte grazie alla loro matura essenzialità. Un distratto ascoltatore potrebbe risentire, sbagliando, nelle nuove canzoni cose già ascoltate, Perfetto, è sufficiente premere il play più volte per capire come nei suoni questo lavoro sia di grande spessore, e le parole poggiate su ogni nota.

In my younger days
, End time sono piccoli racconti di una vita difficile, sofferta, vissuta in pieno. A line in the dirt voce e piano si arricchisce strada facendo di archi, fiati, in un commovente crescendo melodico. E ancora crudo, ripetitivo, sporco rock'n'roll con Paradise blues, Los Angeles con i suoi locali notturni torna a pulsare dall'amplificatore di Mister E.
In chiusura si apre una piccola e bellissima canzone dal nome
Little bird, capace di racchiudere con disarmante semplicità tutta l'essenza di questo autore che negli anni ha saputo raccontare la vita degli emarginati, di quelle persone che non si vedono ma esistono, di chi è nato già perdente. End times è uno dei migliori dischi uscito con il marchio Eels

Claudio Donatelli
     (28.03.10)