Settimanale, anno 16 - n. 35
Mar, 19 Marzo 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 10) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione          

Felice Lattuada e Il Bandito 

Il primo di questi incontri è con la bella e ricca signora Lydia (Anna Magnani). La vede uscire da un locale insieme ad un tipo losco, salire in una bella macchina e perdere la sua borsetta che lui prontamente raccoglie. La musica si propone qui con una melodia sfarzosa che rimanda alle sonorità del fasto arabo-spa­gnoleggiante e che ben descrive l'ostentata opulenza della donna. Quando Ernesto apre la borsetta, vede un assegno, vuole prenderselo, ma lo ripone; poi, ecco una fo­tografia che mostra la bella Lydia. La musica diviene in tonalità minore, con un cre­scendo degli archi con un ritmo puntato e nervoso, quasi a voler presagire la fatalità cui il protagonista sta andando incontro, attratto e ipnotizzato dalla voglia di andare con una donna. E' così che egli decide di recarsi da lei non certo solo per renderle la borsetta.
Ci troviamo ora nel salotto della bella Lydia. Ernesto le dice che è bella e che non vuole soldi per averle riportato la borsetta, vuole solo tenere per sé la fotografia di lei. Un giradischi sta suonando un valzer viennese, sicuramente straussiano, che ci  riporta alla illusoria ed effimera spensieratezza dell'impero asburgico. Così è anche la vita della bella signora, un'avventuriera che scopriremo presto far parte di una spietata banda di rapinatori ed assassini. Ernesto le chiede di ballare, ma, invece di farlo, la prende bruscamente fra le sue braccia e la bacia ardentemente. E' il primo contatto vero con quella fatalità cui abbiamo accennato prima, che non avrà altra funzione oltre quella di far precipitare l'onestà e la sentimentalità del protagonista in un baratro di violenza e morte. Ad interromperli entra nel salotto il losco individuo che abbiamo visto accompagnare la bella signora e che ora smorza il giradischi, chiedendo ad Ernesto di andarsene.
Nell'andar via, c'è un ultimo sguardo d'intesa fra lui e Lydia, suggellato e accarezzato dal ritorno del valzer straussiano che questa volta non proviene dalla pellicola come prima, ma è nell'animo dell'uomo e della donna che si bramano reciprocamente. Ora Ernesto si trova per strada, davanti ad un uomo che su un tavolino sta facendo il gioco illecito delle tre carte. Vediamo passare una donna che subito attira lo sguardo voluttuoso di Ernesto che inizia a seguirla, fissando il suo sguardo sulla riga nera delle calze. Nel passare della donna, abbiamo la sensazione che al posto di una scia di profumo, essa lasci una scia musicale. Si tratta però di una musica struggente, patetica, lacrimevole e non di musica che faccia pensare al sensuale cedere della carne ad una prostituta. E' proprio quest'asincronismo che ci fa intendere che il protagonista si sta avviando ad incontrare la seconda tappa del suo Stationen-Drama.
Egli si ritrova, così, in una casa d'appuntamenti, equivoca e chiede di volere andare con la ragazza appena entrata. Mentre attende, si odono le note lunghe degli oboi e degli ottoni che riempiono l'atmosfera di lugubre tragicità. Ecco, ora tocca a lui, entra nella stanza, si pettina e girandosi di colpo scorge, con terrore, sul comodino la fotografia di sua sorella Maria (Carla Del Poggio). La musica si interrompe bruscamente per lasciare che il dialogo fra i due fratelli si svolga in tutta la sua triste espressività. Possiamo pensare questa interruzione come pura pausa musicale, tutto è reso più teso e paradossalmente "musicale": quel breve dialogo si pone come pura liricità. A rafforzare questa sensazione è il riapparire della musica non appena Erne­sto  porta via  Maria; inizia così un adagio movimento eseguito dal violino e dal violoncello che alternatamente esprimono delle frasi melodiche di fortissima espressività e patetismo, con una lenta ritmica degli archi e dei timpani, come se si stesse consumando un'esecuzione. E' un tema che ben s'impianta nella situazione di­sperata in cui i due personaggi si trovano e ricorda molto la cupezza della  musica brahmsiana.
Di fatto, la morte sta attendendo per le scale Maria; Ernesto vede quello che dovrebbe essere il "protettore" della sorella, lo aggredisce violentemente e l'uomo nel tentativo di divincolarsi tenta di sparare, ma il proiettile colpisce a morte Maria. Nulla può ora fermare Ernesto che, preso dalla follia del momento, scara­venta l'assassino dalle scale, macchiandosi così dell'atroce delitto che gli permetterà di passare nel campo demoniaco del banditismo: egli è ora pronto ad involarsi in quella nuova vita che lo traghetterà fino alla sua ultima tappa, la morte. Ed eccolo fuggire rapidamente da un passato che non gli appartiene più, inseguito dalla polizia che lo ferisce ad un braccio, ed entrare nel palazzo dove abita la bella signora Lydia.

Gianluca Nicastro   (28.3.10)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro
La musica nel cinema del
dopoguerra italiano