Settimanale, anno 16 - n. 35
Mar, 19 Marzo 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 10) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione          

Felice Lattuada e Il Bandito 

Quando è davanti alla porta, sentiamo che la musica ci ripropone il tema agitato dell' ouverture dei titoli di testa. Egli è un bandito, con tanto di ferita e braccato come un assassino: è quindi pronto a varcare quella soglia dietro la quale si svela finalmente in tutta la sua nettezza la bella signora con tutta la sua banda. E' così viene perfettamente e drammaticamente esemplata la metamorfosi che, come Ernesto, colpisce tanti italiani del nostro dopoguerra, i quali, una volta tornati, non riescono in alcun modo a reinserirsi nella società che, in un modo o nell'altro, li rifiuta.
E' la sera di capodanno e la banda, capeggiata ora proprio da Ernesto, deve compiere un colpo che salta, però, per una "soffiata". Decidono allora di andare a rapinare la gente che festeggia il capodanno al locale Orchidea verde, dove si trova già Lydia, la quale, naturalmente, non sa nulla del colpo saltato. Siamo ora nel locale, l'orchestra sta suonando una canzone anni '40 del jazz americano e a cantarla è proprio uno della banda. Ernesto balla con Lydia e anche gli altri componenti ballano, ammiccandosi a vicenda con cenni e sguardi, poiché fra pochi istanti daranno inizio al loro vero ed unico divertimento: la rapina.
L'atmosfera sembra quella dei film americani di genere gangsteristico.  Ernesto invita tutti i presenti a prepararsi a ballare una Quadriglia che è una danza francese di società del settecento, il cui nome trae origine dal raggruppamento tipico di quattro coppie di ballerini disposti in quadrato o gli uni di fronte agli altri. E' costituita da cinque parti o figure fisse, di carattere gaio e vivace, molto coreografiche e da melodie effettivamente festose. In tal senso, nel locale vediamo tutti gli invitati lasciarsi andare all'allegra musica, guidati dalla voce di uno della banda e completamente ignari di quello che sta per succedere. L'effetto che dovrebbe essere di compiaciuta piacevolezza, si tramuta così nel suo contrario, quando Ernesto interrompe le danze e la musica, intimando, con la rivoltella in mano, di alzare le mani. Certo, questo non fa parte della danza (così pensano gli invitati ancora increduli), ma comunque fa parte della vita e della sua dura realtà, la quale ha anche lei le sue danze e corrispettive coreografie. Denari e gioielli vengono consegnati al suono di un rullante che ricorda la processione degli antichi tributi da pagare al proprio principe e signore.  
Un altro buon esempio di musica proveniente dalla pellicola ci è dato nella terribile corsa della macchina dopo la rapina, nella quale Ernesto si trova nel sedile posteriore con un ostaggio. Quest'ultimo prega Ernesto di lasciarlo andare, gli darà molti soldi; ma il nostro protagonista è ormai troppo immerso nella malavita per ascoltarlo e, senza pensarci due volte, lo fredda con un colpo di pistola. Egli rimane impassibile di fronte a ciò che ha fatto, continua a bere e riesce anche a riderne mal­vagiamente insieme al suo compagno, a cui dice di accendere la radio. Allora si sentono le frenetiche note dell' ouverture del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini riempire tutta la macchina e l'animo di Ernesto che, in una follia delirante, ordina di fermarsi all'Asilo notturno. La stessa musica ora riempie tutta la strada, Ernesto grida come un pazzo, gettando in aria tutti i soldi rubati e offrendoli in dono ai poveri uomini che si trovano lì.
E' il regalo di capodanno di un uomo che, ai loro occhi, de­ve essere sembrato proprio come quell'eroe leggendario dell'indipendenza elvetica, Guglielmo Tell appunto, esaltato dal romanticismo come liberatore dall'oppressore. Per un attimo anche quei volti segnati dalla miseria sono riusciti a sorridere di felici­tà, credendo di vedere un angelo, invece che un diavolo, in quell'anima perduta di Er­nesto, capace, tuttavia, di sprazzi di magnanimità.
I banditi sono ora in fuga, braccati dalla polizia che ha posto dei fermi lungo tutte le strade intorno a Torino. Decidono di prendere un'altra macchina, uccidono il conducente e c'è anche una bambina svenuta. Ernesto si accorge che si tratta di Rosetta, figlia del suo caro amico Carlo, a cui, un po' di tempo prima, ha mandato anche dei regali, fra cui una paperella di legno che ritrova nella macchina.
In questo momento sta avvenendo una mutazione nell'animo di Ernesto che decide di redi­mersi accompagnando a casa la bambina e abbandonare per sempre quella infame vita. Lasciata quindi la banda, si allontana fra le montagne, dicendo a Rosetta di co­noscere bene il suo papà e anche lo zio Ernesto. Ma il destino è ormai quello di un'anima persa, non c'è posto per la salvezza. Il finale acquista un valore estrema­mente drammatico, quando vediamo Ernesto che, accompagnata la bambina, si ritro­va da solo, vedendo davanti a sé le alte e innevate montagne.
La musica è quella dei titoli di testa che chiude e avvolge il personaggio, ponendolo di fronte ad un'unica reale salvezza, la morte. Cade, così, sotto i colpi dei poliziotti, senza tentare neppure di fuggire, ma attendendo immobile l'esecuzione liberatrice. La sua ultima tappa si è ormai conclusa, mentre vediamo, in un terribile simbolismo, la paperetta di legno stretta nella  mano dove cola scuro il suo sangue.

Gianluca Nicastro   (11.4.10)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro
La musica nel cinema del
dopoguerra italiano