Settimanale, anno 16 - n. 35
Mar, 19 Marzo 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 11) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione  

 
Franco Mannino e Bellissima   

Nato a Palermo il 25 aprile 1924, muore a Roma il 1 febbraio 2005.  Allievo di R. Silvestri, si diploma in pianoforte presso l'accademia di Santa Cecilia in Roma nel 1940, dove studia anche composizione con V. Mortari, diplomandosi nel '47. Come pianista, dopo aver esor­dito nel '41 al teatro Adriano di Roma, svolge un'intensa attività concertistica, otte­nendo nel '50 negli Stati Uniti il Premio Columbus. Come direttore d'orchestra inizia la sua attività nel '52 ed appare nei maggiori teatri italiani ed in vari teatri esteri. Nel '57 compie una Tournée negli Stati Uniti a capo dell'orchestra del Mag­gio Musicale Fiorentino, nel '58 inaugura il Festival della Novità di Bergamo, e nel '64 consegue il Premio Illica.
Come compositore ottiene vari riconoscimenti, fra i quali nel '56 in Francia il
Premio Diaghilew per la migliore novità teatrale dell'anno (con Mario e il Mago). Nel '69-'70 è direttore artistico del teatro San Carlo di Napoli. Dall '82 all '86 è direttore e consigliere artistico dell'Orchestra del National Arts Center di Ottawa. Musicista versatile e fecondo, Mannino sa anche accortamente valorizzare la propria attività compositiva sia teatrale che strumentale: il suo ricorrere alle sorelle Kessler per una commedia musicale come il destinare ai violinisti Kogan un concerto, possono ritenersi i fatti più probanti della sua qualità di abile impren­ditore di se stesso e della propria musica, nella piena consapevolezza d'essere provvisto di una musicalità d'istinto eccezionale, buona a tutti gli usi e a tutte le oc­casioni. Parimenti abile uomo di teatro, le sue scelte ribadiscono quanto detto; tro­viamo così nella sua ricca produzione, accanto alle sollecitazioni intellettuali, spes­so mediate dal grande regista Luchino Visconti, derivate dall'opera di Mann come Luisella ('69) e l'azione coreografica Mario e il Mago ('56), lavori di facile consumo come Vivi ('57), sorta di fumettone lirico-erotico allineato con la letteratura rosa dell'epoca.

Nei suoi lavori teatrali, come pure in quelli strumentali, l'ossequio alla tradizione è sempre fondamentale, anche quando egli sembra voler tenere conto di procedimenti musicali più moderni, ma che utilizza poi quasi nel modo di escrescenze stravaganti o di esteriori quanto facili concessioni alla corrente moda sonora. Dapprima si accosta al cinema componendo nuove musiche per film americani doppiati per essere poi inseriti nel circuito commerciale italiano. Nel dopoguerra, comincia a creare partiture originali: Domani è un altro giorno ('50) di L. Moguy, Bellissima ('51) di L. Visconti, La provinciale ('52) di M. Soldati, Vestire gli ignudi ('54) di M. Pagliero, Ai margini della metropoli ('53) di C. Lizzani, Il sole negli occhi ('53) di A. Pietrangeli, Identikit ('74) di G. Patroni Griffi, Un cuore semplice ('77) di G. Ferrara, Un uomo in ginocchio ('79) di D. Damiani.

La collaborazione con L. Visconti non si ferma alla produzione teatrale e al già citato Bellissima. Mannino è consulente e adattatore di molte musiche classiche usate dal regista in suoi vari film: Morte a Venezia ('71), Ludwig ('72), Gruppo di famiglia in un interno ('74), L'innocente ('76). Mannino si dimostra del tutto versatile, classico e moderno allo stesso tempo, nella musica da film. Non tutti i risultati sono soddisfacenti, ma dove riesce egli contribuisce a quell'evoluzione in senso moderno della colonna sonora. Lo vediamo senz'altro nell'uso ricorrente di una strumentazione cameristica e, sovente, solista: assoli di pianoforte (eseguiti anche da lui) e di violino.

Gianluca Nicastro   (25.4.10)

Segue nel prossimo numero! Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del dopoguerra italiano