Settimanale, anno 16 - n. 36
Gio, 28 Marzo 2024

Recensioni >> Ray LaMontagne

Ray LaMontagne and the Pariah Dogs - God Willin' & the Creek don't Rise  

Quarto Album per LaMontagne  che segna un periodo molto intimista dell'artista.
Nella casa in Massachusets di Ray, insieme a suoi amici musicisti (chiamati per l'occasione
Pariah Dogs) ha creato una piccola gemma musicale nel vasto panorama del country folk americano.
In un'intervista Ray dice "quando questi musicisti suonano insieme, qualcosa di magico avviene, io volevo catturare questa magia".  Ed effettivamente questo è quello che realmente si percepisce nell'ascolto della sua ultima creazione firmata questa volta sia da Ray che dai musicisti che lo seguono in tour e prodotto per la prima volta totalmente dal nostro Ray.
La sua voce, che viaggia dal country al soul in stile Otis Redding, amalgamata agli strumenti dei Pariah Dogs, riesce a creare una enorme magia, la magia della terra, dei paesaggi, della luce dove hanno registrato e scritto le canzoni dell'album.
Effettivamente già dalla copertina dell'album si capiva che la strada presa era leggermente diversa dai suoi ultimi album e che un ritorno ad un suono più grezzo, più legato alle radici di un suono americano era nell'aria. La chitarra ritmata di "Repo Man" e la voce graffiante di Ray rendono un immenso omaggio al soul.
Con
New York City's Killing Me si entra in questo  piccolo capolavoro che è il loro album, dove la storia di un uomo che si sente oppresso dalla sterile vita di New York diventa l'occasione per omaggiare un Bruce Springsteen del Nebraska.
Ed è forse proprio la Title Track
God Willin and the Creek Don't Rise che ci riporta con le sue melodie aperte, alle grandi distese che potrebbero effettivamente essere del Nebraska, nella nostra fantasia.
Ma i brividi sulla schiena arrivano quando la chitarra apre
For the Summer o l'armonica di Like Rock & Roll & Radio ci riporta alle orecchie lo stile di Neil Young. Non è decisamente un copiare ma è rendere omaggio ad uno stile che, lo si voglia o no, ha influenzato decenni e decenni di musica country e rock in America. Così come Springsteen torna alle sue radici con la musica di Pete Seeger totalmente immerso nei suoni della sua terra, anche Ray rende omaggio a questi suoni e a queste storie.
Come dicevo all'inizio questo album è una piccola gemma da ascoltare e riascoltare per non perdere la magia di farsi trasportare senza nessuna paura verso quei paesaggi che solo questi artisti possono mettere nei nostri occhi. 

 
Claudio Lodi     (12.9.10)