Settimanale, anno 16 - n. 36
Ven, 29 Marzo 2024

Recensioni >> Pazi Mine

4 ragazzi, che tra varie vicissitudini e viaggi tra Modena e Ferrara, approdano nel 2010 in una sala di registrazione per il loro primo album. La "conclusione" di un percorso nato nel 2006 che tra abbandoni e assunzioni di musicisti trova in Sara Ardizzone, Francesco Artioli, Marco Beiato e Alessio Capra la formazione finale che dal 2009 ha iniziato a produrre musica. 
Nel passare degli anni lo scambio di informazioni, di emozioni e di energie ha portato i 4 ad amalgamare i loro gusti in un suono che sa essere diverso ed originale. Sanno amalgamare queste influenze, che già emergono nel primo brano
Witness of a Recurring Dream, dove ricordi di King Crimson, Anekdoten ma anche incredibilmente di quel noise o grunge degli Smashing Pumpkins. 
Negli otto brani che compongono l'album il ritmo batteria e basso si susseguono senza sosta come in una linea continua di tensione, dove la voce di Sara riesce pur nella sua "durezza" ad ammorbidire certi passaggi acidi. 
Standstill , Square Circles, The Waves You're Cradled By mostrano la voglia del gruppo di far vedere e anche di saper suonare e dare una struttura ai loro brani. Si distaccano un po' dal grunge e arrivano a sfiorare quel suono rock progressive moderno fatto di introduzioni lunghe e chitarre potenti e dure quasi a toccare un metal che rimane comunque latente per quasi tutto l'album.  Le loro sono composizioni ben suonate con belle linee musicali ed anche  con la capacità di far capire le influenze, da dove si proviene musicalmente, senza sembrare delle copie senz'anima. 
Sicuramente è un album che richiede una serie di ascolti prima di essere apprezzato ma questa affermazione non è un demerito, anzi al contrario deve essere vista nell'ottica del voler fare la musica che si vuole senza cercare per forza il singolo che porta in zone commerciali della musica italiana.  Le influenze con altri gruppi italiani possono anche esserci, come ho letto in altre recensioni sul web, ma gruppi come i Lacuna Coil non fanno parte di questo suono, lasciamoli dove sono. 
Un album da consigliare come ascolto e anche una richiesta alla band di osare di più con le chitarre, di non chiuderle nella classico suono che si dà alle chitarre nella produzione italiana, ne guadagneranno le composizioni e l'energia della band.  Una piccola nota va alla confezione del Cd con una delle piu belle copertine che abbia visto nell'ultimo anno. Bravi e complimenti. 

Claudio Lodi
    (18.10.10)