Settimanale, anno 16 - n. 39
Ven, 19 Aprile 2024

Interviste >> Marco Sforza

Laiv al Materia Off è il primo album live di Marco Sforza cantautore emiliano, vincitore del XV° Premio Augusto Daolio nel 2009. L'album realizzato con il Trio Separé, è stato registrato in presa diretta presso il Circolo Culturale Materia Off di Parma il 20 dicembre 2008. 
Un lavoro che gode di quell'atmosfera rilassata tipica delle serate tra amici, quando tra un bicchiere e l'altro si alternano le canzoni alle battute. Ecco che allora tra l'abbaiare di un cane, le fragorose risate degli spettatori, i colpi di tosse e il brusio, si dipanano i brani di Sforza, ballate nostalgiche e testi pungenti e ricchi di ironia. SOund36 vi presenta un'intervista al nostro cantautore della "bassa" come lui stesso ama definirsi ...


Allora Marco, come ti è venuta l'idea di realizzare come album d'esordio un live? 
L'idea è venuta cosi su due piedi. Non avevo intenzione di fare un disco, nella mia testa (ti parlo di quasi due anni fa) già macinava l'esigenza di fermare su disco alcune canzoni, ma non trovavo mai la soluzione giusta o meglio volevo che fosse un po' diversa dal solito, volevo un approccio diverso dal classico disco, un'impronta un po' più concreta e vera. Non il solito prodotto studiato a tavolino.
Cosi è nata l'idea in quattro e quattr'otto di registrare il concerto di Natale al circolo Materia Off in quel di Parma. Un luogo "magico" per noi musicisti. Cosi facendo ho ottenuto in gran parte ciò che volevo.
Registrare determinate canzoni che all'epoca rispecchiavano il mio modo di essere sia musicale che scenico. Diciamo che il confronto con il pubblico per me è molto importante, anzi direi essenziale ed è parte integrante del disco, come si può ascoltare. Un dialogo continuo, un confronto sincero e delicato.
Oltretutto uscire con un live come opera prima anche se autoprodotta è una scelta un po' rischiosa, ma allo stesso tempo stuzzicante e se vogliamo coraggiosa. Tutto questo rispecchia molto la mia idea di fare musica o perlomeno di intenderla.

Da dove prendi ispirazione per le tue canzoni? 
Da un sacco di cose... Ma forse la maggior ispirazione mi arriva e nasce dalla quotidianità. Credo che c'entri molto il luogo in cui la tua vita respira, le tue conoscenze, il bagaglio di cultura che ti porti dietro e forse più di tutte la tua onestà intellettuale.
Fino ad ora ho scritto sempre quello che mi pareva. Non mi son mai posto limiti o vincoli o peggio ancora schierarsi in un determinato contesto "politico". Non è per me, preferisco molto di più essere neutrale, stare nel mezzo e osservare. Raccontare le mie storie come mi viene più spontaneo. Cerco sempre la vena ironica, sarcastica, provocante. 
Ho scritto tanto di e su di me, delle mie esperienze tragicomiche sentimentali. Ho scritto una canzone che parla "dell'uomo della bassa", "di gente da bar", di prostitute...
Tempo fa scrissi pure una canzone in cui descrivevo una sedia e per dirla tutta ne ho composta un'altra dedicata al mio cane. Essere liberi di scrivere ciò che si pensa e nel modo più personale risulta sempre difficile, ma allo stesso tempo molto gratificante. Soprattutto quando il pubblico apprezza e in un qualche modo si rispecchia nel tuo pensiero.

E a proposito... da ragazzo sognavi di fare il Capostazione (brano presente nell'album)? Sì. È stato uno dei miei primissimi sogni fin da quando ero bambino. Me lo porto dietro ancora oltretutto. E non saprei dire di preciso quando è nata questa mia passione per i treni. Sta di fatto che ogni volta che incrocio queste "bestie" di ferro cosi veloci mi vien sempre uno sfrigolio, una sorta di piccolo brivido che si trasforma poi in emozione.
Saranno state sicuramente quelle estati al mare con mia madre; mi portava sempre alla stazione di Gatteo (a mare). Facevamo il solito giro serale prima di andare a dormire. Io con il mio gelatino m'incantavo a guardarli passare e non mi annoiavo per niente ad aspettarli. Passavamo delle mezz'ore seduti sulle panchine ad aspettare. Solo per guardarli passare.

Tornando al live, una considerazione che si può fare dopo averlo ascoltato, è il feeling che c'è con il Trio Separé, continuerai ad avvalerti della loro collaborazione?
Sicuramente.
Ma ora il Trio è diventato un duo o meglio è rimasto il trio ma con una persona in meno, il batterista.
Il nostro Volpini se ne andato, sinceramente non so se ritornerà, ma ha fatto una scelta molto personale condivisa da me e dagli altri. (Più o meno) Speriamo che ci ripensi, anche perché è un ottimo musicista e detto tra noi per il mio fare musica se non è perfetto ci cala poco. Comunque bisogna andare avanti senza rimorsi e/o rancori.
In definitiva il Trio è rimasto trio: clarinetto, violino e contrabbasso. Prima eravamo 3+1. Il jolly era il "conte" De Medici al violino. In pratica veniva a suonare quando pareva a lui. Ora è parte integrante del progetto. O quasi. A parte gli scherzi, sono tutti e tre eccelsi musicisti. Diplomati e con tanti concerti sulle spalle e soprattutto diverse e svariate esperienze individuali.
Siamo affiatati e questo è molto, molto importante. Crediamo onestamente in questo (mio) progetto e ne sono fiero e onorato di averli al mio fianco.

 Tu sei di Reggio Emilia, quanto c'è della tua terra nel Marco Sforza cantautore? 
Io ci vivo da trent'anni (anzi, 29 per precisione). Non precisamente a Reggio, ma nella storica e un po' bistrattata "bassa". Territorio di confine e sconfine. Dove un tempo la nebbia la faceva da padrona nelle stagioni più fredde e le zanzare invece d'estate eran le regine.
Ora i tempi (meteorologici) son un po' cambiati. Le zanzare son rimaste e ogni anno aumentano. La nebbia invece non esiste quasi più.
Solo in certe zone verso il mantovano, il parmense dove è tutto un orizzonte... qualcuno si perde ancora. Qualcuno forestiero per intenderci.
Ma ormai qui da me tra Reggio e Parma, tra Ligabue e Mario Biondi i famosi nebbioni non se ne vedono più. A malincuore aggiungo io.  Sì, perché la nebbia è dentro di me e nelle mie canzoni sotto forma di melanconica nostalgia. Lei evapora e permane. Spesso si nasconde. Altre volte invece si svela pian piano creando quell'atmosfera surreale e magica che se uno si sforza un pochino può vederci dentro un mondo nuovo e affascinante. Ma non a tutti piace la nebbia, anzi.  E non ha tutti può piacere Marco Sforza, no?! ;)
Credi che il senso di appartenenza (alla propria terra e alle proprie origini) sia importante per un artista?
Importantissimo. Perché rispecchia la tua vita, il tuo modo di pensare e di agire di conseguenza.
L'approccio alla vita credo che sia molto diverso da uno che vive e sopravvive per esempio in Trentino a differenza di un altro che vive nel sud. O magari da uno che ha sempre vissuto in città da quello (come me) che bene o male l'infanzia e l'adolescenza l'ha vissuta in campagna. La classica vita di periferia rustica e "selvaggia" che fa a pugni con la vita più agiata e comoda della città. Mi viene in mente Celentano... "il ragazzo della via Gluk". Ottimo esempio.

Per chiudere, progetti futuri?
Molto presto entrerò in studio per registrare pezzi nuovi. Con il mio fantasmagorico Trio Separé: Dario Vezzani al contrabbasso, Matteo Pacifico al clarinetto, Mattia De Medici al violino e in ultimo il grande Tommy Graziani alla batteria.
Non è un disco, ma preferirei chiamarlo un pre-disco, un antipasto per un progetto più pensato e concreto in futuro. Voglio solo fermare su disco in studio un grappolo di canzoni a cui tengo e penso che valga la pena dargli il giusto peso musicale ed eterno.
Si, lo so. Posso passare per pigro, ma a me piace arrivarci bene alle cose ed essere sicuro e maturo e deciso fino ai peli del c..o sul lavoro da fare.
Non scrivo e compongo mai così per fare. Devo sentir dentro quelle vocine, quella che ti fa andare avanti sempre e credere fino in fondo al tuo fare, al mio modesto ma onesto fare musica.

Tiziana Cantarelli     (31.10.10)