Settimanale, anno 16 - n. 39
Gio, 18 Aprile 2024

Interviste >> Giubbonsky

Storie di Non Lavoro potremmo considerarlo un album di istantanee sulla nostra società. Nove ballate raccontate da Guido Rolando, alias Giubbonsky, un cantastorie dei nostri giorni. Polistrumentista dall'animo girovago, dopo le esperienze con Officine Schwartz, Banda degli Ottoni a Scoppio, Tasselli del 6, Supersonica e Contrabbanda si mette alla prova con questo primo album da solista.
Ascoltandolo si ha la sensazione di passare in rassegna i vari telegiornali che ogni giorno ci raccontano degli sgombri di campi rom, della lotta alla mafia, di gente che ha paura del proprio vicino di casa, di giovani (e non) alla continua ricerca di un lavoro, della sensazione di precarietà e incertezza che avvolge la nostra vita.

Allora Giubbonsky raccontaci come nasce il tuo album?
Il disco nasce proprio da un mio bisogno di "buttare fuori" la rabbia, lo scontento, l'ostinazione di non volere accettare tutto ciò che ci viene propinato come "normalità" di un'esistenza che, perlomeno in questo Paese, ha davvero poco di normale.
Alcuni brani, come quello su Luca Rossi o Non Lavoro, erano già stati composti e cantati - in maniera assai poco ufficiale - con altre formazioni precedenti e in altri ambiti. Altri sono venuti fuori in breve tempo, è bastato sollevare il coperchio.

La tua musica chiaramente di contestazione non ha però i toni, né le strofe, comunemente utilizzate da chi oggi scandaglia il sociale ma ricorda indubbiamente autori e soprattutto cantautori del passato, uno su tutti De Andrè. Ti piace come paragone oppure i tuoi modelli artistici sono altri?

Faber per me è un mito, un esempio di come si riesce a descrivere le azioni con una poesia infinita. Lui sopra tutti, ma anche i vari grandi vecchi Guccini, Lolli, De Gregori, fino ad arrivare ai Silvestri, Gazzè etc. E poi mostri sacri come i Lou Reed, Bowie, il Boss, Dylan, Jackson Browne: questo è stato un filone infinito della musica che ho divorato nella mia vita.

Questo vuol dire che hai abbandonato il punk?

Scherzi?Il punk mi ha dato il coraggio di salire sul palco senza preoccuparmi se fossi all'altezza della situazione. Ha rappresentato tanto nelle "anime" della mia generazione. Musicalmente per me è nato con il b side di Low, un disco del duca bianco del 1977 Credo che Rock & Roll Swindle sia un disco che debba far parte della discoteca di chiunque sia appassionato di musica; e poi io arrivo da Casale Monferrato e ricordo i Peggio Punk, i Franti, i Kina, i Panico... insomma c'è stata tutta una scena italiana punk nella musica e nei comportamenti. Poi naturalmente i CCCP... Come si fa ad abbandonare le emozioni della propria adolescenza?

Nel pezzo "Non lavoro" tu immagini un mondo diverso da quello attuale dove il lavoro, inteso come bisogno incessante di produrre/accumulare denaro da poter poi spendere, sia semplicemente riuscire a fare quello che più ci piace ... un'idea utopistica ...

Più che altro un sogno, ma come ripeto spesso, sognare è lecito e al momento non mi risulta soggetto a tasse o gabelle. I grandi CCCP cantavano "produci-consuma-crepa", beh cerchiamo un'alternativa. Poi oggi figurati, avercelo un lavoro!! A 20 anni sei senza esperienza, a 40 sei troppo vecchio. Ci deve essere un modo di dire basta.

Credi che la musica possa essere anche solo puro intrattenimento, semplice piacere per le orecchie e la mente oppure che debba necessariamente essere impegnata e quindi debba conseguentemente comunicare-denunciare?

Per me esistano solo due categorie di musica: quella buona e quella grama. È la colonna sonora della nostra vita, e quindi soggetta a cambiamenti a momenti difficili, romantici, divertenti, drammatici, goduriosi
Io sono onnivoro; riesco ad ascoltare e ad amare di tutto: da Mozart a Beck, da Mingus ai Prodigy.
Ognuno esprime nella proprio musica ciò che sente in quel frangente. Stimo l'originalità la ricerca di un proprio stile, il coraggio di non farsi omologare nei format pre-costituiti. Poi se lo fai trattando argomenti leggeri o pesi, poco importa.
Capisco anche che oggi, dopo migliaia di anni di suoni e musiche, creare qualcosa di nuovo sia davvero difficile: o sei Wagner, o sei Frank Zappa, oppure sei un comune mortale e cerchi di dire la tua: se lo fai con sincerità e passione è sperabile che qualcuno se ne accorga.

Nei tuoi brani ricorre spesso l'idea dei sogni da coltivare, da preservare ma non pensi che questo generi malcontento quando poi i sogni non si realizzano?

Dipende da che valenza dai ai tuoi sogni e soprattutto cosa "vuoi" sognare: certo se sogni di vincere al Superenalotto la frustrazione è implicita.
Un po' di rischio poi rende la vita un po' più appetitosa, e se malcontento deve esserci che si esprima: almeno è una maniera di far funzionare il cervello, di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno. Niente è peggio che assistere passivi allo svolgersi degli avvenimenti, senza diventarne mai protagonisti: è meglio cantare davanti al fuoco con dell'ottimo rosso dei colli, che assistere passivi ad una puntata di un talent show.
In tempi così strani "rifugiarsi" nei sogni, e magari cercare di realizzarli può essere, se non una via d'uscita, almeno una pratica personale di resistenza umana.

Progetti futuri?

Cercare di far girare un disco auto prodotto, che al momento neppure riesco a far arrivare ai negozi classici; per ora è distribuito in tutte le piattaforme on line da ZImbalam. Poi occuparsi della promozione, cercare di essere recensiti; infine l'altro aspetto fondamentale, il booking. Come vedi, al momento sono totalmente assorbito in questo primo progetto; non per questo le canzoni smettono di bussare alla mia testa per essere composte.
E poi sta nascendo una collaborazione con un paio di colleghi, anch'essi convinti che oggi, mentre tutto sembra dividersi e frazionarsi, esista una pratica assolutamente rivoluzionaria: riunirsi e camminare insieme, e se son rose....

Tiziana Cantarelli
   (14.11.10)