Soundcheck >> In Viaggio con i Cabaret Sauvage
Ti piace fare musica? Faccela ascoltare!!!
Viaggio
in compagnia dei Cabaret Sauvage
Recensione
+ Intervista: Monica
Garavello
Fai
partire la musica e ti viene voglia di partire con lei, a volte.
Come nel caso del nuovo EP Live dei Cabaret
Sauvage,
cinque canzoni, cinque tappe che risvegliano sensazioni, immagini,
ricordi di esperienze dal sapore familiare, non raccontate ma
evocate.
Ascoltarli
guardando un paesaggio mentre scorre: fotogrammi di vita che prima
erano lontani, ti raggiungono, giusto il tempo di assaporarli e poi
via, scompaiono dietro le spalle, nel passato, potendoli rivedere
solo nel ricordo. E insieme al paesaggio tutt’intorno,
lasciandosi condurre dai testi, dalle sonorità della band, si
sovrappongono altri fotogrammi: momenti vissuti, flash dal sapore
nostalgico. E indugi in quella malinconia, per passare poi a ritmi
più frenetici ed energici.
Si
parte da Mondo
Reale,
in cui il pessimismo emerge forte e senza via d’uscita col suo
andamento ripetitivo, ipnotico, quasi ad evocare un destino, qualcosa
d’inevitabile. L’energia esplode soltanto verso la fine come un
accento ribelle per ritornare presto ad una composta tristezza nella
conclusione. E si arriva al Paese
Dei Ciechi, con sonorità molto energiche in cui la chitarra si unisce
originalmente all’armonica, dove lo stesso pessimismo è stemperato
da una sottile ironia, e si guarda a quello che succede intorno,
all’attualità, prendendola anche un po’ in giro: ‘nel paese
dei ciechi anche un orbo diventa re….’.
In Sei
e Quaranta si parla di indifferenza e si può sfogare un po’ di rabbia
attraverso l’abbandono a un ritmo sempre incalzante.
I
Cabaret Sauvage si riscoprono Timidi
Eroi,
lontani da una precisa etichetta: in questo pezzo si parla di
apparenze, di meccanismi nella vita di gruppo, sempre con la vena
pessimista che percorre tutto il disco.
Ed
è Amore
Noise che mi piace ascoltare per ultima: la malinconia prende il posto del
pessimismo, non più definitivo, l’energia lascia spazio a una
dolcezza introspettiva che interrompe il ritmo con brevi pause, che
sono respiri, cambi di battito interno. E ti domandi se –continuando
un viaggio- troverai uno spazio, poi pensi all’amore, ti chiedi -o
vorresti chiedere-: ‘sai cosa vuol dire pensare a noi due, col
nostro carico d’amore troppo ingombrante da portare…’. Allora
pensi che magari sarebbe meglio buttarla questa zavorra pesante,
mentre vai, ma poi, forse, decidi di no, che tutto il tuo bagaglio ti
permette di sentire meglio.
INTERVISTA
I Cabaret
Sauvage,
gruppo torinese attivo dal 2007, sono Umberto (voce, chitarra,
armonica), Federico (voce, batteria, chitarra), Simone (chitarra),
Alessandro (voce, basso, chitarra).
Il
loro EP Live è stato registrato all’Asti Nuovi Rumori Festival e uscito il 5
novembre 2010. Conosciamoli meglio nella nostra intervista:
Come
nasce il vostro sodalizio artistico?
Suoniamo
insieme dal 2007. Siamo amici di vecchia data, due di noi sono anche
fratelli. Non siamo una band che si è formata su Facebook, ed è una
cosa di non poco conto. I rapporti personali in un gruppo sono molto
importanti, non siamo colleghi di lavoro, anche se spesso l’impegno
è quello.
Come
nasce una vostra canzone, quali sono gli apporti individuali di
ognuno? Il percorso della musica e del testo.
Solitamente
si parte dalla musica, di solito proposta da uno di noi in sala. La
si studia per bene, e di solito la prima stesura, quella
improvvisata, quella in cui qualcuno arriva e dice: “Sentite
questa”, è quella fondante.
Quando
la canzone è fatta, si buttano giù le parole. Questa è la fase più
personale, perché mentre la musica nasce da un impulso singolo che
in sala si evolve in canzone, il testo viene di solito scritto a
casa, o comunque in solitudine chitarra alla mano.
Quali
sono i vostri percorsi individuali e come si amalgamano all’interno
del gruppo?
Età
diverse, gusti musicali diversi, studi differenti. In comune abbiamo
il fatto che ci piace il rock – quello vero (non pensate a Virgin
Radio) – la ricerca del suono sporco, “noise”, e le canzoni con
un testo degno di essere chiamato tale.
Quali
influenze hanno determinato e contaminano il vostro stile?
Black
Rebel Motorcycle su tutti. E immaginate come ci siamo sentiti quando
ci hanno chiamato per dirci che avremmo aperto una data del loro tour
proprio qui a Torino. E poi i classici cantautori folk rock anni
60-70, ma anche De Andrè, i primi Litfiba e, ultimamente, Teatro
degli Orrori.
Come
la scelta del vostro nome si lega al vostro modo di fare musica?
Che
siamo selvaggi ce lo dicono tutti. Non è che spacchiamo le chitarre
sul palco. Però non siamo esattamente convenzionali. Facciamo tutto
da noi, alla nostra maniera. Pensa che, su tre dischi, nessuno è mai
stato registrato in uno studio. Ci costruiamo persino gli strumenti,
quando serve.
Scrivete
sia in italiano che inglese. Quale necessità è alla base di questa
scelta?
Il
primo Ep, “Studio”, aveva cinque canzoni in inglese. L’ultimo, Live,
è invece completamente in italiano. C’è stata una maturazione in
questo senso e non torneremo indietro. Comporre in inglese è
ovviamente più facile, ma la resa di una bella canzone con un buon
testo in italiano non è paragonabile. Trasmetti il messaggio, il
pubblico lo coglie al primo ascolto. Certo, devi avere qualcosa da
dire, ma gli spunti non mancano.
Qual
è il vostro modo di cantare l’attualità, i sentimenti, il vostro
punto di vista sulla vita? Spesso si percepiscono sfumature
malinconiche e pessimistiche. Com’è la vostra poetica musicale e
cosa volete comunicare?
Una
riflessione sull’attualità non può che renderci pessimisti. In
Italia per certi versi si sta ancora bene, ma è indispensabile
rendersi conto che non durerà per sempre. Il mondo reale non è
quello della televisione, quello dei festini, delle caste e dell’auto
nuova a rate ventennali.
Viviamo
in una società mal gestita, in cui il volere di pochissimi diventa
la realtà, la necessità di tutti gli altri. E questo, per il
sistema generale, produce effetti disastrosi.
La
miseria culturale, la mistificazione dei bisogni da un lato e la
diseguaglianza sociale dall’altro cambieranno inevitabilmente la
realtà come oggi la conosciamo. Lo diciamo in una canzone, il mondo
reale si vendicherà. E non lo biasimo.
Prossimi
progetti e concerti…
Il
nostro obiettivo è sempre stato suonare, e ci siamo riusciti, con
più di 100 concerti in tre anni. Ci siamo fatti la scorza, la nostra
musica si è evoluta ed ora necessitiamo di maggiore impatto sonoro,
perciò dobbiamo essere più selettivi. Qualche bel festival, qualche
bel locale e più in là un disco nuovo.