Interviste >> Unòrsominòre
Quest'anno
si festeggiano i 150 anni dell'Unità d'Italia e anche SOund36,
attraverso l'intervista che vi proponiamo, vuole celebrare in
maniera "critica e non banale" quest'anno.
Tre
Canzoni Per La Repubblica Italiana di Unòrsominòre. rappresenta dunque quest'occasione ... Allora
Emiliano iniziamo col raccontare ai lettori di SOund36 chi si
nasconde dietro lo pseudonimo di "unòrsominòre."
Sono
nato a Verona 33 anni fa, poi 5 anni fa mi sono trasferito a Padova,
dove per ora lavoro all‘università come ricercatore in
astrofisica, il che fornisce un velatissimo indizio sull‘origine
del mio nomignolo d'arte.
Suono
da sempre, prima di essere òrso sono stato cantante di un gruppo che
si chiamava Lecrevisse, e adesso da un po' di anni porto avanti
questo progetto con il quale ho pubblicato un disco e un ep. Ho due
gatti, sono sovrappeso e sono marxista.
Per
altri dettagli: www.unorsominore.it
Una
curiosità, come mai il piccolo carro e non il grande?
Perché
l'understatement paga. Perché scrivo per lo più canzoni tristi,
quindi con parecchi accordi minori, e poi dai "unòrsomaggiòre." era brutto forte.
Veniamo
ora all'EP che raccoglie Tre
Canzoni Per La Repubblica Italiana.
Hai scelto tre brani di mostri sacri della musica italiana, come
nasce questo progetto?E come sei arrivato alla scelta dei brani?
È
stato un lavoro ideato e realizzato in tempi molto stretti, due mesi
in tutto credo, ormai quasi un anno fa.
Pensavo
a quant'è deprimente la situazione politica e sociale nel nostro
Paese, cosa che faccio spesso, e realizzando per l'ennesima volta
che tutti avremmo il dovere di fare/dire qualcosa ho deciso di
provare a farlo, per una volta.
Mi
sono reso conto in fretta che prima di aver pronto un nuovo album di
materiale originale sarebbe passato un sacco di tempo (e infatti è
andata così), ma avevo voglia di fare qualcosa subito, e così ho
pensato a una raccolta di cover, dato che di grandi canzoni di
scontento il canzoniere italiano è stracolmo, molte sono
attualissime anche se sono state scritte tanti anni fa, e non tutte
sono note come meriterebbero.
Poi
un po' per scelta un po' per necessità ne ho selezionate solo
tre dalla decina di papabili inizialmente; le ho registrate in due
giorni, nello studio casalingo dell'amico Alessandro Longo, optando
per arrangiamenti semiacustici, sia per rendere al lavoro una
dimensione più intimista evitando il rischio di impantanarmi in
magniloquenze eccessive, sia perché registrare bene una batteria è
sempre complicato.
E
poi il 2 giugno, festa della Repubblica, abbiamo pubblicato l'ep
con la mia etichetta, I
Dischi del Minollo.
È
passato un po' di tempo però non mi sembra di poter dire che la
situazione sia migliorata.
Mi
pare che i tre brani scelti disegnino un percorso, che parte
dall'osservazione di ciò che ci circonda (Povera
Patria), passando per
un tentativo di analisi storico-sociale in forma di allegoria (La
Domenica delle Salme),
e concludendosi nell'unico modo possibile, ovvero il riconoscimento
delle proprie responsabilità individuali e della disfatta di
ciascuno di noi nell'opporre resistenza alle infiltrazioni
tentacolari del degrado (Quando
lo Vedi Anche). Battiato,
De Andrè e Gaber sono
numi tutelari, tre fra i miei autori preferiti in assoluto. Con Gaber
in particolare ho un debito enorme, mi ha insegnato un mare di cose,
con la sua acutezza e la sua spietata lucidità nel descrivere i
sentimenti e le cose. Persone come lui ci mancano tanto.
Il
tuo non sembra affatto un omaggio ai 150 anni dell'Unità d'Italia
ma un'analisi abbastanza pessimista, fatta utilizzando questi
meravigliosi brani, dove la scelta di una rappresentazione scarna
rende ancora più potente il valore delle parole. Questo vuol dire
che secondo te c'è poco da festeggiare?
Decisamente.
Ho ricevuto qualche critica da parte di persone che leggendo il
titolo dell'ep pensavano a un disco schierato sui valori
patriottici del ministro La Russa. Chiaramente non è esattamente
così. Il patriottismo non mi appartiene, non vedo cosa ci debba
rendere orgogliosi nel fatto di essere nati in un posto piuttosto che
in un altro, e perché essere italiani debba essere meglio di essere
francesi, turchi o kenyoti. Questo però non significa che non ci si
debba preoccupare delle sorti della nazione in cui si vive, e tanto
più se si tratta di una nazione nata con determinati ideali e dotata
di una Costituzione, quella sì, che dovrebbe rendere fieri.
Mi
chiedi dell'Unità d'Italia: che significato può avere il suo
festeggiamento in un Paese in cui alcuni ministri della Repubblica
appartengono a un partito dichiaratamente xenofobo e secessionista?
Abbiamo superato da un pezzo la soglia del grottesco, e siamo
responsabili ogni giorno in cui non facciamo niente per cambiare
qualcosa o per lo meno limitare i danni.
In
quest'ottica, cosa ne pensi della vittoria di un pezzo come quello
di Vecchioni a Sanremo, che pur disegnando una situazione non rosea
per molti di noi, è pieno di speranza?
Guarda,
premetto che non perdo una serata del Festival da quando ero piccolo,
è uno spettacolo delizioso di microdelirio nazionalpopolare, e
ovviamente non ha assolutamente nulla a che vedere con la musica.
Detto ciò, non so quanto siano limpidi ora i meccanismi di voto,
quindi non riesco a farmi un'idea sul significato della vittoria di
Vecchioni. Se fosse effettivamente stata decretata dal voto popolare,
sarebbe meglio di una sberla in faccia o del rischio Al Bano. Ma le
poche volte che poi ho acceso la radio ho sentito solo a ripetizione
i Modà, Pezzali e la Ferreri :)
A
cosa stai lavorando in questo periodo?
Come
sempre ho un sacco di faccende che porto avanti e che raramente
concludo. Diciamo che mi sto concentrando sul mio prossimo disco, del
quale però per ora non ti dico nulla per tutta una serie di mie
idiosincrasie. Comunque credo e spero che uscirà fra non troppo.