Settimanale, anno 17 - n. 23
Ven, 27 Dicembre 2024

Pop Corn >> Ritorno a Berlin

Libri da sentire, film da ascoltare

   Sarà pure cupo, ma è anche e sempre, bellissimo. Vedendo il film Berlin, si continua a capire perché l'album è diventato culto nel paesaggio rock contemporaneo. Il concerto è molto sentito, ricco di significato per Lou Reed che lo interpreta in scena per la prima volta dopo ben 33 anni dalla sua uscita. Il regista Julian Schnabel gli regala una seconda giovinezza filmando, nel 2006,  una settimana di concerti alla Saint Ann's Warehouse di Brooklyn.
La trovata di questo album è il raccontare un'unica storia, sviluppandone le varie fasi in dieci canzoni che ripercorrono la relazione tumultuosa e distruttiva di Jim e Caroline, una coppia di
junkies. Sotto gli occhi (anzi le orecchie, in questo caso) dell'ascoltatore, gli amanti si separano, come Berlino, la città divisa (siamo in piena Guerra Fredda), nella quale si svolge la storia. Nell'introduzione, nell'omonima Berlin, Lou Reed appare quasi emozionato da questo esordio live atteso da ben troppo tempo, ma si presenta anche come un uomo segnato, dal tempo appunto. L'album Berlin esce, infatti, nel 1973, prodotto da un giovane Bob Ezrin, ma è subito vittima di critiche al vetriolo che lo stroncano definitivamente a causa della disperata storia che racconta. Si crea subito una reputazione di album maledetto e il pubblico meno avveduto lo snobba. Così, Berlin, non sarà mai suonato in concerto. Non è certo un'opera allegra, questo non si può negare: man mano che la storia va avanti, i toni diventano più scuri e da Oh Jim la vicenda dei personaggi comincia a precipitare ineluttabilmente, come in una tragedia greca classica. 
In altre canzoni dell'album però, come in
Men of good fortune, l'atmosfera si accende e Lou Reed accenna un sorriso quasi compiaciuto nel vedere la sua opera maestra suonata in concerto, soddisfatto del riscatto che si è finalmente preso sui tanti critici che avevano fatto a pezzi l'album. Lou Reed dirige tutta la fornita truppa, composta dai musicisti (chitarre, basso, batteria, pianoforte e una sezione di ottoni), ma anche dai piccoli coristi del Brooklyn Youth Chorus guidato da Sharon Jones e dal davvero notevole Antony dei Antony and The Johnsons che lascia a bocca aperta nel suo duetto finale con Lou Reed sulla canzone Candy says.
Per completare il tutto, Julian Schnabel, che di personaggi tragici e poetici se ne intende (vedi i suoi film
Basquiat e Prima che sia notte), filma lo spettacolo come un emozionato fan videoamatore. Nel suo modo di riprendere c'è molto rispetto per questo momento di musica  e per il lavoro artistico dei musicisti e anche un'inaspettata intimità con l'amico Lou. Le luci  smorzate e la prevalenza di colori sfocati creano un'atmosfera di trip onirico e decadente che meglio lascia assaporare i brani di Berlin. Dietro il palco sono proiettate le immagini filmate dalla figlia del regista, Lola Montes Schnabel. In queste immagini, che punteggiano le riprese del concerto, l'attrice francese Emmanuelle Seigner interpreta fugacemente il personaggio di Caroline, diventando una musa a tratti spensierata e disperata, persa nella droga e allo stesso tempo sensuale ed ammiccante.
Insomma, per resuscitare questo capolavoro, si può dire che il binomio Reed-Schnabel si è trovato. E' riuscito a mettere in immagini un suono che è rimasto nella mente e nel cuore di migliaia di persone, creando un immaginario collettivo che ha segnato il panorama musicale degli anni settanta e ha ispirato una serie di artisti quali Joy Division o Jane's Addiction.

Lidia Falcucci