Pop Corn >> Ritorno a Berlin
Libri da sentire, film da ascoltare
Sarà pure cupo, ma è anche e sempre, bellissimo.
Vedendo il film Berlin, si continua a capire perché l'album è diventato
culto nel paesaggio rock contemporaneo. Il concerto è molto sentito, ricco di
significato per Lou Reed che lo interpreta in scena per la prima volta dopo ben
33 anni dalla sua uscita. Il regista Julian Schnabel gli regala una seconda
giovinezza filmando, nel 2006, una
settimana di concerti alla Saint Ann's Warehouse di Brooklyn.
La trovata di questo album è il
raccontare un'unica storia, sviluppandone le varie fasi in dieci canzoni che
ripercorrono la relazione tumultuosa e distruttiva di Jim e Caroline, una
coppia di junkies. Sotto gli occhi (anzi le orecchie, in questo caso)
dell'ascoltatore, gli amanti si separano, come Berlino, la città divisa (siamo
in piena Guerra Fredda), nella quale si svolge la storia. Nell'introduzione,
nell'omonima Berlin, Lou Reed appare quasi emozionato da questo
esordio live atteso da ben troppo tempo, ma si presenta anche come un uomo
segnato, dal tempo appunto. L'album Berlin esce, infatti, nel 1973,
prodotto da un giovane Bob Ezrin, ma è subito vittima di critiche al vetriolo
che lo stroncano definitivamente a causa della disperata storia che racconta.
Si crea subito una reputazione di album maledetto e il pubblico meno avveduto
lo snobba. Così, Berlin, non sarà mai suonato in concerto.
Non è certo un'opera allegra, questo
non si può negare: man mano che la storia va avanti, i toni diventano più scuri
e da Oh Jim la vicenda dei personaggi comincia a precipitare
ineluttabilmente, come in una tragedia greca classica.
In altre canzoni dell'album però, come
in Men of good fortune, l'atmosfera si accende e Lou Reed accenna un
sorriso quasi compiaciuto nel vedere la sua opera maestra suonata in concerto,
soddisfatto del riscatto che si è finalmente preso sui tanti critici che
avevano fatto a pezzi l'album. Lou Reed dirige tutta la fornita truppa,
composta dai musicisti (chitarre, basso, batteria, pianoforte e una sezione di
ottoni), ma anche dai piccoli coristi del Brooklyn Youth Chorus guidato da
Sharon Jones e dal davvero notevole Antony dei Antony and The Johnsons che lascia a
bocca aperta nel suo duetto finale con Lou Reed sulla canzone Candy says.
Per completare il tutto, Julian
Schnabel, che di personaggi tragici e poetici se ne intende (vedi i suoi film Basquiat e Prima
che sia notte), filma lo spettacolo come un emozionato fan
videoamatore. Nel suo modo di riprendere c'è molto rispetto per questo momento
di musica e per il lavoro
artistico dei musicisti e anche un'inaspettata intimità con l'amico Lou. Le
luci smorzate e la prevalenza di
colori sfocati creano un'atmosfera di trip onirico e decadente che meglio
lascia assaporare i brani di Berlin. Dietro il palco sono proiettate le
immagini filmate dalla figlia del regista, Lola Montes Schnabel. In queste
immagini, che punteggiano le riprese del concerto, l'attrice francese
Emmanuelle Seigner interpreta fugacemente il personaggio di Caroline,
diventando una musa a tratti spensierata e disperata, persa nella droga e allo
stesso tempo sensuale ed ammiccante.
Insomma, per resuscitare questo
capolavoro, si può dire che il binomio Reed-Schnabel si è trovato. E' riuscito
a mettere in immagini un suono che è rimasto nella mente e nel cuore di
migliaia di persone, creando un immaginario collettivo che ha segnato il
panorama musicale degli anni settanta e ha ispirato una serie di artisti quali
Joy Division o Jane's Addiction.
Lidia Falcucci