La Soffitta >> Rainbow Ffollies: Sallies Fforth plus...
Gruppi, dischi, storie e personaggi che hanno fatto la storia della musica!
Dopo la sbornia psichedelica della cosiddetta
Summer of Love del 1967 la scena musicale internazionale non fu più la stessa:
sulle orme del celebrato Sergente Pepe beatlesiano, ma anche di altri
capolavori non meno geniali ed importanti ( l'esordio dei Pink Floyd di Syd
Barrett, I Soft Machine,
l'esordio dei Blossom Toes, Their Satanic Majesties degli Stones, il debutto di Jimi Hendrix Experience, After Bathing at Baxter's dei Jefferson Airplane, Younger Than Yesterday dei Byrds) la fantasia e la creatività non
andarono, come sognato, al potere politico, ma si impadronirono delle menti di
coloro che erano disposti ad osare e inclini a non avere barriere stilistiche.
In questo clima si inseriscono
i Rainbow Ffolly e l'album di cui qui si parla Sallies
Fforth, per anni rimasto uno degli artefatti più rari e ricercati dai
collezionisti, vero e proprio oggetto misterioso, perduto nelle nebbie del
tempo che fu.
I Rainbow Ffolly erano un
quartetto britannico costituito dai fratelli Jonathan e Richard Dunsterville
chitarristi e cantanti e compositori dei brani, dal bassista Roger Newell e dal
batterista Stewart Osborn, nomi sconosciuti ora come allora, eppure ottimi
musicisti, tutti provenienti dall'Istituto d'Arte della capitale britannica.
Doti compositive fuori dal
comune, ottima padronanza strumentale e vocale, arrangiamenti al di sopra della
media e ispirazione proveniente dalle migliori band dell'epoca (chiarissima
l'influenza degli Small Faces, dei Beatles del 1967, degli Who di Sell Out)
senza mai plagiare o scopiazzare pedissequamente nessuno, ma anzi diventando parte della stessa scena
musicale permisero ai 4 di registrarsi i loro brani presso uno studio
indipendente, i Jackson Recordings Studios, con la produzione dei fratelli
Jackson al passo con i tempi e la fantasia dell'epoca.
Prese forma così un
caleidoscopio di suoni, atmosfere e immagini musicali tra i più originali e
impressionanti del 1968.
Armati del proprio
bagaglio di canzoni e forti di una costante attività live, i 4 puntarono
direttamente al top, si proposero alla Parlophone Records, l'etichetta dei
Beatles. Gli stessi Fab Four li apprezzarono molto e furono messi sotto
contratto, ma la storia finisce qui...il loro album dopo i primi positivi
riscontri fu giudicato troppo strano, multiforme e dispersivo nella sua formula
mulitigenere e la Parlophone incapace di trovare una collocazione e una
strategia di marketing promozionale
decise di congelarlo temporaneamente in attesa di tempi più consoni. La
band ingenuamente poco se ne preoccupò continuando ad esibirsi con successo in
ogni angolo d'Inghilterra per molti mesi fino all'inevitabile scioglimento
dovuto al mancato riscontro commerciale, alle tensioni crescenti con la Parlophone
e alla consapevolezza di essere stati manipolati e poi caduti in disgrazia.
Per chi ama il tipico Pop
Psichedelico britannico di fine'60 sulla scia di Small Faces, The Move, Blossom
Toes, Tomorrow, i Rainbow Ffolly saranno una splendida sorpresa e diventeranno
irrinunciabile oggetto di piacevoli e ripetuti ascolti.
L'album apre in puro stile
cockney alla Small Faces con tanto di ambientazione in aereo e scherzoso
annuncio della band da parte di un finto comandante di bordo...sì, anche nel
2008, 40 anni dopo, siamo i benvenuti a bordo, inizia il viaggio nell'epoca
delle chitarre e dei nastri mandati al contrario, dei coretti in paradiso, dei
sitar sparsi qua e là tanto per gradire, delle atmosfere sognanti che rimandano
al mondo incantato di Lewis Carroll e Alice in Wonderland.
La malinconica storia
narrata in Montgolfier ha i colori della favola che però dopo un minuto ci trasporta all'interno di un'abbazia
dove 4 voci perfettamente in sintonia intonano un madrigale in piena regola ...strano???No,
geniale! I'm so happy sposa cabaret e spirito vaudeville squisitamente
britannico con un orecchio alla lezione surreale dei Bonzo Dog Doo Dah Band e
la citazione di Itchicoo Park degli Small Faces. Drive My Car è uno svelto pastiche surf-beat.
Poi il vero capolavoro
dell'album, senza esagerazione una delle canzoni d'amore più belle dell'intera
storia del british rock Goodbye è una stupenda ballata acustica che celebra la fine di un amore, è solo da
ascoltare cosa riescono a comunicare una chitarra classica arpeggiata in stile
bossa nova, un basso melodico e mai invadente, una voce che malinconicamente
accarezza le parole di addio e cori a supporto del triste messaggero: magia
allo stato puro.
Si continua fra acide
chitarre e sanguigni blues figli di Hendrix e Jeff Beck in Hey You, viaggi astrali alla Moody Blues in Labour
Exchange con voci e parodie per non prendersi mai troppo sul serio, un'antica
giga irlandese modernizzata e resa
ultra psichedelica dal gusto corrente in They'M, deviazioni in territorio Dylaniano con swing e jazz in Come
On Go fino al finale omaggio-
parodia dei Beach Boys con replica dei loro tipici coretti da spiaggia
lisergica in Go Girl.
Il vero mistero della
vicenda Rainbow Ffolly, al di là della reperibilità dell'album, tornato
disponibile in CD da una decina di anni ad opera della benemerita See For Miles, è come sia stato
possibile che una band e un disco di tale staura e valore non siano assurti al
successo in un'epoca in cui c'era ancora spazio in classifica per opere ben
più ostiche e complesse -valga per tutti l'esempio dell'Incredibile String
Band- dall'ottimo riscontro commerciale e di pubblico.
Ma ora tocca a voi:
un'occhiata alla stupenda copertina, disegnata anch'essa-c'e' bisogno di
dirlo??- da Jonathan Dunsterville vero artista a tutto tondo, una mano al
portafoglio ..et voila'.... un cd in più nella vostra collezione, ma non un cd
qualunque: le vostre orecchie, la vostra sete musicale e soprattutto il
buonumore conseguente della vostra anima vi ringrazieranno per sempre.
Andrea Angelini