Interviste >> Fabrizio Casalino
Incontriamo Fabrizio Casalino nel backstage di uno dei numerosi spettacoli che lo
portano in giro per l'Italia e riusciamo a fare due chiacchiere tra uno sketch
e l'altro. E' un comico molto speciale che riesce a coniugare musica e sorrisi come pochi sanno fare.
Sei nato a Genova, luogo di
nascita e di elezione per molti artisti. Come vivi il rapporto con la tua
terra?
In modo intenso e profondo. Amo
la mia città, la trovo splendida anche se è piena di contrasti, come una donna
un po' spigolosa ma bellissima. Al suo nome sono legati talmente tanti
cantautori che alcuni parlano di ‘scuola genovese'. In realtà non c'è, o
meglio, esiste nel senso di ‘tradizione' ma non come la intendo io, cioè come luogo
di ritrovo dove i maestri incontrano e formano gli allievi. La scuola è la
strada, si fa tesoro della lezione dei grandi ma poi si impara da soli e si va
avanti con le proprie gambe. Tuttora la città è piena di artisti, dal punto di
vista culturale è più attiva che mai.
Sei entrato nel mondo della
musica incidendo nel 1996 il cd ‘Come un angelo'. Cosa ti è rimasto di quella
esperienza?
All'inizio sono stato travolto.
Avevo 26 anni, ero giovane, con un sacco di capelli (sorride) e di sogni. Il
disco era partito bene, ma dopo vicende alterne è finito male. Per promuoverlo
ho girato mezzo mondo e trascorsi due anni mi sono ritrovato a Genova senza
lavoro. E' la precarietà del successo: come all'improvviso puoi diventare
famoso altrettanto rapidamente puoi scomparire. Da allora cerco di rimanere coi
piedi per terra e ogni volta mi metto in discussione non dando nulla per
scontato. Comunque penso che con la professionalità, la costanza e l'impegno
prima o poi i risultati arrivino.
Avresti mai pensato di raggiungere
la notorietà come cabarettista?
Assolutamente no! Dopo il disco
ho iniziato a scrivere e cantare pezzi comici che funzionavano, la gente si
divertiva. Negli anni gli spettacoli sono diventati numerosi, sono arrivate le
trasmissioni televisive e la ribalta grazie a Colorado Café e la Gialappa's.
Il tuo personaggio più famoso
è Giginho, cantautore brasiliano in bilico tra reale e surreale...
In Giginho c'è molto di me perché
amo la musica brasiliana, la ascolto da sempre. E' solare e malinconica, semplice
ed elaborata allo stesso tempo. Come ho già detto, i contrasti sono stimolanti.
A proposito del Brasile, hai
scritto un libro ‘Quattro salti in favela' (Mondadori).
E' stato divertente creare la
storia di Giginho. Fino a quel momento il mio personaggio aveva solo cantato,
ho dovuto inventarmi il suo mondo: un paese, una famiglia, una chiesa, uno
stadio, tutta una serie di situazioni e una galleria di soggetti bizzarri. Ho
scritto questa storia perché me l'hanno chiesto... Quando fai televisione e la
gente ti prende in simpatia, finisce che pubblichi un libro. Comunque scrivere
mi piace, ho nel cassetto un romanzo autobiografico su un viaggio negli Stati
Uniti (nel suo sito, Fabrizio si racconta ed esprime la sua opinione in merito
a vari argomenti).
Ti consideri più musicista o più
comico?
Entrambi. Quando appaio in
pubblico con la chitarra in mano e canto sono estremamente spontaneo, tutto mi
viene con naturalezza. In fondo anche Giginho è il mio alter-ego. Imitare altri
personaggi invece mi fa uno strano effetto. Rivedendo le registrazioni di
alcuni sketch penso: "Quello non sono io!". Mi sorprende uscire dai soliti
canoni.
Come è nata la parodia dei
cantanti italiani e l'idea di creare canzoni nel loro stile?
Semplicemente mettendomi nei loro
panni! Dopo aver scelto un argomento penso: "Come lo tratterebbe il tal
cantante? Che direbbe al proposito?" E' la stessa domanda che rivolgo agli
spettatori. Poi segue l'imitazione del personaggio e della sua voce. Io li
chiamo ‘esercizi di stile'.
Progetti in cantiere?
Spero di lavorare ancora a
Colorado Café e con la Gialappa's. Inoltre sto preparando uno spettacolo
teatrale. Ho un sacco di idee nuove per il palcoscenico, ma per ora non ho
intenzione di abbandonare Giginho.
Valeria Guidotti (28.9.08)