Settimanale, anno 17 - n. 18
Gio, 21 Novembre 2024

La Soffitta >> Un mito degli anni 50

Gruppi, dischi, storie e personaggi che hanno fatto la storia della musica!

Il 22 maggio del 2001 alle 11 di mattina la chiesa di S.Maria del Popolo era molto affollata e tra i fedeli si notavano alcune persone molto ben conosciute nel campo artistico, come Luciano De Crescenzo, Renzo Arbore, Marisa Laurito, Fiorello, Mogol (proprio lui, il paroliere di Lucio Battisti), il giornalista Antonio Ghirelli e l'uomo politico Antonio Bassolino. Caso strano, tutti napoletani, o filonapoletani, come il foggiano Renzo Arbore. Nessun romano, almeno nessuno famoso. Veltroni e Tajani sono impegnati nella battaglia elettorale e sono presenti solo in effigie, fuori della porta della chiesa.
C'è un altro napoletano presente ed è quello per il quale si sono adunati tutti questi napoletani: in vita è stato un pianista, un cantante, un compositore ed un arrangiatore e si chiamava Renato Carosone. Nessuno più di lui avrebbe meritato di avere il suo funerale nella Chiesa degli artisti, ma evidentemente non è stato possibile: forse quella Chiesa era già occupata per un altro evento.
Anche se Carosone vive a Roma da anni non è romano, come Alberto Sordi, suo coetaneo (sono nati a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro), che morirà qualche anno dopo e al cui funerale, nella basilica di S.Giovanni in Laterano, era presente una folla di mezzo milione di persone.
La messa viene celebrata da padre Antonio Truda, ma la particolarità strana è che durante la messa nessuno suona o canta: un grande musicista, che ha allietato migliaia di persone con la sua musica ed il suo canto, compie il suo ultimo viaggio nel silenzio. Non sappiamo il perché: forse Renato aveva chiesto di non cantare durante la sua messa funebre? Oppure, non si è trovato qualcuno in grado di organizzare un po' di musica, o un coro che cantasse a cappella? O più semplicemente nessuno ci ha pensato? Con tanti artisti presenti, suona un po' strano! Ma, tanto per dire una frase fatta, il mondo è pieno di cose strane!
La fine della messa viene salutata dai presenti con un lungo applauso: come ha detto Luciano De Crescenzo, è la fine di un funerale senz'anima di una persona che aveva una grande anima. Se al funerale ci fosse stato un Carosone vivo, forse sarebbe riuscito anche in quest'occasione a strappare il sorriso ai presenti.
Parliamo ora di Renato Carosone vivo, che ha scritto oltre cento brani musicali, e soffermiamoci sulla sua opera. Quando si pensa alla musica di Renato Carosone, la prima cosa che viene spontanea è sorridere, perché per qualche minuto la vita ci sembra più bella. Le sue canzoni mettono allegria, sono briose e talvolta un tantino irriverenti, ma sempre con misura e senza diventare offensive. Le sue composizioni più famose sono state scritte tra il 1949 ed il 1960, anno in cui, ad appena quarant'anni, Carosone si ritirò per un lungo periodo dalle scene, dedicandosi ad un'altra sua grande passione, la pittura. Negli stessi anni, le canzoni che vincevano il festival di Sanremo erano Grazie dei fior, Malinconico autunno, Buongiorno tristezza.... Già i titoli non mettono allegria, immaginarsi il contenuto!
Con assoluta genialità, Carosone scoprì un filone particolare, quello della satira di alcuni personaggi, non realmente esistenti ma appartenenti ad una certa tipologia: un po' quello che tuttora fa Carlo Verdone, mettendo alla berlina alcuni tipi come il pignolo di ferro, il bullo di periferia, il figlio dei fiori, ecc.
Troviamo questi personaggi nelle sue prime canzoni: Tu vuo' fa' l'americano, che più o meno in contemporanea all'uscita di "Un americano a Roma" di Alberto Sordi ci fa vedere l'immagine di un ragazzino che si atteggia ad americano, evidentemente soggiogato dalla dimostrazione di potenza degli americani venuti in Italia durante la seconda guerra mondiale. Ma il ragazzino in effetti deve prendere dalla mamma i soldi per le sigarette (americane, naturalmente), si sente male se beve il Whisky e la sua pronuncia inglese lascia alquanto a desiderare. Torero, la caricatura di un torero spagnolo, con tanto di sigaro Avana ed una camicia di picchè, che però non sa distinguere il bolero dal cha-cha, e dice di essere spagnolo, ma non è vero! Caravan petrol, la storia di un povero illuso che si illudeva di trovare il petrolio a Napoli. La canzone ci presenta l'immagine esilarante di costui su un cammello, con un binocolo a tracolla, un turbante (comprato alla Rinascente), ed il narghilè. Pigliate na' pastiglia, dove ad un tizio pieno di guai viene consigliato vivamente di prendere una pastiglia, rimedio universale per qualunque problema. Si, ma una pastiglia di cosa? E' presto detto:glicerofosfatobromotelevisionato grammi zero zero tre!
'O russo e ‘a rossa, una coppia tenerissima di innamorati timidi, che arrossiscono ogni volta che si incontrano. Alla fine, il rosso " le dà nu' vaso doce doce ‘nponta ‘o musso", la bacia dolcemente sulla bocca. Bei tempi!
Ma Carosone ha anche saputo scrivere canzoni romantiche e piene di poesia, come Athina kali nichta mio amor con l'uso addirittura di termini in lingua greca, e la stupenda Maruzzella, che voleva essere un vezzeggiativo di Marisa, sua moglie, ma che in napoletano vuol dire "Lumachina". Ascoltando questa canzone, viene da pensare che soltanto un uomo davvero innamorato poteva concepirla!
Non abbiamo ancora parlato del Carosone pianista. Renato era un grandissimo virtuoso del piano e tra i suoi ammiratori c'è il grande Stefano Bollani, che gli ha addirittura dedicato un libro. Di questo suo virtuosismo è rimasta un'importante traccia in Pianofortissimo, una composizione con il carattere di Improvviso, formata da una successione di brani che si intrecciano e sovrappongono, e con il curioso richiamo di una canzone italiana del tempo andato, Tic-tì tic-ta, eseguita ad una velocità travolgente.(Per chi non la ricorda, è quella che dice "Gira e rigira, biondina, l'amore la vita godere ti fa...). Ascoltare Pianofortissimo, che è stata eseguita anche in diverse versioni simili, è come ascoltare un Improvviso di Chopin o uno dei pezzi virtuosistici di Franz Liszt.
E passiamo ora al Carosone arrangiatore. Oltre ad eseguire le canzoni composte da lui stesso, Renato arrangiava ed eseguiva moltissimi brani di altri autori, interpretandoli a modo suo con trovate di grande umorismo. Un esempio? La canzone "E la barca tornò sola" presentata al festival di Sanremo, una storia tristissima di tre fratelli pescatori inghiottiti dal mare, lasciando una mamma triste ed inconsolabile. Carosone riprende il brano, ma sdrammatizza immediatamente la storia, perché dopo l'inizio "E la barca tornò sola", aggiunge un coretto che dice "E a mme che me ne ‘mporta....e a mme che me ne ,mporta".  Inoltre, dettaglio non trascurabile, la mamma che era bianca è diventata nera e la barca che era nera è diventata bianca..... Una storia lacrimevole si è trasformata in modo tale da farci contorcere dalle risate!
Arrangiamenti altrettanto gustosi sono stati fatti per altri celebri motivi, come Malafemmena, Johnny Guitar (diventato Giuvanne cu ‘a chitarra), ‘a casciaforte, Guaglione, chella ‘llà. Una caratteristica di questi arrangiamenti è l'uso delle "vocine", un effetto particolare simile a quello che si otterrebbe facendo girare un disco ad una velocità più che doppia della sua normale velocità (per esempio,  facendo girare a 78 giri/minuto un disco a 33 giri/minuto), espediente utilizzato anche per una particolare esecuzione del "Piccolo montanaro". L'effetto ottenuto è originale e suggestivo.
L'abilità di un capo sta anche nel sapersi scegliere i collaboratori ed anche in questo Renato è stato all'altezza della situazione. I suoi collaboratori sono stati prima nientemeno che Peter Van Wood, un chitarrista di grande valore che dopo qualche anno fonderà un complesso per conto suo e Gegè Di Giacomo, un ottimo batterista che invece rimarrà con lui fino al suo ritiro e che sarà l'animatore del complesso con le sue irresistibili interpretazioni, che cominciavano sempre con la frase "Canta Napoli", una Napoli di volta in volta matrimoniale, sospirosa, in farmacia, a seconda dell'argomento della canzone che stava iniziando. A quei tempi non esistevano ancora gli elaborati strumenti che si usano oggi per dare al suono particolari effetti e non esistevano i sintetizzatori, le tastiere elettroniche, i miscelatori, gli effetti luminosi. L'esecuzione si affidava unicamente alla bravura degli esecutori, con qualche modesto aiuto della tecnologia ancora alle prime armi. Eppure, sentir suonare Carosone, Van Wood e Di Giacomo (il terzetto Carosone) era come ascoltare un'intera grande orchestra. In quel periodo cominciavano a fiorire presso i bar i Jukebox, grandi cassoni musicali contenenti una sessantina di dischi di piccolo diametro, i 45 giri; in quei jukebox, non mancavano mai le canzoni di Carosone, e si potevano vedere i ragazzi esibirsi in balli estemporanei, trascinati da un ritmo irresistibile.
In seguito, dopo la partenza di Van Wood, ci fu una piccola rivoluzione ed il terzetto divenne un sestetto, aggiungendo a Carosone e Di Giacomo altri cinque musicisti, Piero Giorgetti (contrabasso), Aldo Pagani (percussionista), Gianni Tozzi Rambaldi (sassofonista), Tonino Grottola (clarinettista) e Raf Moltrasio (chitarrista). Le esecuzioni di questo complesso erano molto di più di una pura esecuzione musicale: erano piccole rappresentazioni teatrali, nelle quali ogni musicista diventava anche attore e cabarettista.
E' doveroso ricordare anche i collaboratori di Carosone nella composizione delle canzoni. Tra tutti spicca in modo particolare Nicola Salerno (soprannome Nisa), autore di una grande quantità dei testi, che lui e Renato costruivano in piena simbiosi, divertendosi un mondo. La maggior parte delle canzoni più divertenti e popolari di Carosone è frutto della collaborazione di questi due assi.
Renato Carosone si ritirò dalle scene nel 1960, all'apice della gloria, e giustificò il suo ritiro con il fatto di non voler continuare un tipo di musica che stava per essere superata dai tempi. Il 1960 è effettivamente un anno importante da questo punto di vista, perché cominciano ad apparire nuovi talenti sia italiani che stranieri, e comincia il fenomeno dei cantautori e dei gruppi musicali. I cantautori sono quelli che scrivono ed interpretano loro stessi le canzoni, (cantautore è l'ovvia sintesi di cantante ed autore), come il già ricordato Gino Paoli, Lucio Battisti, Claudio Baglioni e tanti altri, mentre i gruppi musicali sono piccole formazioni composte di solito da meno di dieci elementi, caratterizzati da una notevole capacità di suonare ciascuno più strumenti, cantare, esibirsi in vari modi e produrre essi stessi i brani di repertorio. In Italia, questi gruppi cominciarono ad apparire poco dopo il 1960, come i Pooh, le Orme, i New Trolls, i Camaleonti e tanti altri che esistono tuttora, dopo tanti anni. La musica leggera subisce quindi, come Carosone aveva previsto, una grande evoluzione, e comincia a sposare la tecnologia, con impianti di trattamento del suono sempre più complessi e sofisticati. Negli stessi anni, cominciano ad emergere nuovi cantanti, come Tony Dallara, Mina, Adriano Celentano, Gianni Morandi, Domenico Modugno ed altri che ancor oggi sono sulla breccia. Non possiamo dire se l'opinione di Carosone fosse giustificata: però, possiamo dire che le sue successive, sporadiche apparizioni sono sempre state salutate da grandi successi e che il pubblico ha continuato ad amarlo. E siamo sicuri che, anche se purtroppo non può più apparire in carne ed ossa, le sue canzoni continuano ad essere ascoltate e continuano a far nascere il sorriso sulle labbra di vecchi e giovani.

Giovanni Vitagliano