Settimanale, anno 17 - n. 18
Sab, 23 Novembre 2024

A propos de >> La Rue Kétanou, i menestrelli della vita

Musica a 360 giri

« Ce n'est pas nous qui sommes à la rue, c'est la rue qu'est à nous ! », ovvero « non siamo noi che stiamo per strada, è la strada che ci appartiene ! ». Questo il grido di battaglia del trio francese La Rue Kétanou, un urlo per riscattare i loro inizi avventurosi ed incerti come artisti di strada, di cui però vanno fieri.
La Rue Kétanou, ovvero Mourad Musset, Olivier Leite e Florent Vintrigner, trio di musicisti, cantanti e saltimbanchi francesi amanti della vita presa così come viene, bella perché spontanea, ha ormai all'attivo quattro album segnati dalla musica popolare francese con sonorità manouche e gitane. Ma agli inizi il successo non sembrava così scontato. Si sono conosciuti nel 1996 grazie alla compagnia Il teatro Del Filo, del quale tutti e tre facevano parte. Presto, si rendono conto che la commedia non gli basta più e siccome tutti e tre i compari sentono uno sfrenato bisogno di partire all'avventura, di mischiare teatro e musica e soprattutto di entrare in contatto con il pubblico, Mourad e Olivier creano il gruppo Mektoub (destino, in arabo), presto raggiunti da Florent che prepara uno spettacolo a tre voci. Con questa formazione che vede Florent alla fisarmonica, e gli altri due al canto e alla chitarra, si esibiscono nelle strade, nei baretti più umili, nelle piccole sale da concerto, privilengiando il contatto diretto con la gente che, di volta in volta, si ferma a prestar loro un'orecchio. La fama se la sono forgiata grazie a questa gavetta ed al buon umore e alla speranza lasciati nell'aria da ogni loro concerto. Finalmente, dal 1998 al 2000, alcuni gruppi francesi più noti, come i Tryo, li ingaggiano per fargli da spalla durante i concerti. Il periodo è fausto e nel 2001 esce il primo loro album En attendant les caravanes (aspettando le caravane). Già è presente nell'universo sonoro dei La Rue Kétanou  il fascino per la cultura e la musica gitana, che loro mischiano sapientemente a quella  francese popolare. Il successo arriva con questo primo lavoro e si conferma con il secondo album Y a des cigales dans la fourmillière, un'esplosione di gioia e spensieratezza allo stato puro. Dichiarazioni scanzonate e piene di speranza rivendicativa (Les Cigales), canzoni attraversate dal mito della gitana libera ed affascinante (Almarita) sinonimo di vita nomade e artistica, che loro stessi hanno sperimentato agli esordi, diventano i cavalli di battaglia ripresi in coro dai fans durante i concerti.

Un terzo album,
Ouvert à double tour,  registrato live durante le loro tournées, non smentisce questo successo. Eppure, come ci spiegano proprio i membri del trio, intervistati brevemente in un caffé parigino accanto al Bataclan, l'antica sala da concerti, a questo punto del percorso, sentono il bisogno di fare una pausa: ognuno si lancia in progetti musicali paralleli con altre formazioni. Questo cammino li ha portati fino a A Contresens, il loro quarto album. Perché, ci confidano, non si sono mai persi di vista "Prima di tutto siamo un gruppo di amici. Semmai l'avventura con La Rue Kétanou dovesse finire, noi ci ritroveremo comunque a scherzare fra di noi come sempre". D'altronde, aggiungono ironici, "se non diamo nostre notizie ai media non vuol dire che non facciamo nulla". La voglia di posare le valigie non gli è di certo passata durante i cinque anni trascorsi tra gli ultimi due album. Hanno soltanto preferito privilegiare l'attività musicale a sostegno di associazioni senza farlo però sapere alla stampa. Ascoltandolo, quest'ultimo album suona familiare e viene il dubbio che, forte del suo successo, La Rue Kétanou segue una confortante routine musicale. Eppure si sente anche un'evoluzione verso la maturità. Sono cresciuti e le loro canzoni sono evolute con loro. Il singolo di lancio, Germaine, già sorprende per un gruppo con un pubblico piuttosto giovane. La canzone è dedicata alle donne arrivate agli "anta". Generazione di madri e mogli che, dopo aver fatto tutto quello che dovevano, un giorno, sull'orlo dei cinquanta, decidono di riprendere il loro destino in mano riscoprendo i piaceri della vita. Un testo quindi più dedicato alle mamme che direttamente ai giovani fans. Maître Corbeau mischia un ritmo molto urbano, vicino al rap, al tema dell'ingiustizia sociale, terribilmente attuale, eppure ispirato alla favola di La Fontaine "il corvo e la volpe". In una canzone come Elle est belle si ritrova la dimensione di spettacolo ambulante scritto per il teatro. Oltre a cantare, allora, le loro voci recitano una scenetta e si ritrova tutto il lavoro di recitazione che li ha formati. A queste piacevoli canzoni, si alternano quelle più gravi, come l'ammirevole Derrière ses cheveux longs, racconto di uno stupro fatto attraverso delicati accenni, interpretata in maniera struggente ed indignata da Florent con tutto il pathos che la sua fisarmonica può aggiungerci. Se infine l'idea che una certa routine musicale li avesse accalappiati sussiste, la stessa si smentisce vedendoli in concerto. E' chiaro che se la spassano insieme, saltano, ridono, recitano, alternano varie chitarre (l'introduzione di quella elettrica è una novità), propongono le loro nuove canzoni al pubblico evitando di riposarsi comodamente solo sui loro maggior successi a discapito dei fans che si sgolano per reclamarli. Per placare la platea è necessario un tris eppure il tempo è volato via troppo veloce e i giovani accalcati attorno al palco sembrano esitare ad andarsene.

Lidia Falcucci                     (5.04.09)
foto di Priscilla Guilbeault