Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano
Studi, tesi, riflessioni sulla musica
Capitolo 2.1 (parte 1) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione
II.1. Renzo Rossellini e Roma, città aperta
Nato a Roma il 2 febbraio 1908; morto a Montecarlo il 13 maggio 1982. Compositore e critico musicale, studia composizione al conservatorio di Santa Cecilia a Roma con G.Setaccioli e direzione d'orchestra all'Accademia con B.Malmari. Insegnante e critico, dirige il Liceo Musicale di Varese nel '34 - '35, e dal '40, chiamato da Zandonai, è vicedirettore e insegnante di composizione al conservatorio di Pesaro fino al '42. E' accademico di Santa Cecilia e membro dell'accademia "Cherubini" di Firenze e, inoltre, direttore artistico dell'Opera di Montecarlo. Nonostante l'abbondante produzione sinfonica dal carattere idillico-elegiaco, spesso basata su elementi ritmici e melodici della musica popolare, e nonostante l'intensa attività di autore di colonne sonore, che fra l'altro lo vede collaboratore positivo di quasi tutti i film del fratello Roberto, nella storia della musica del novecento Rossellini trova una sua collocazione soprattutto grazie alla sua produzione operistica, alla quale si dedica quando ormai è vicino ai cinquant'anni. La decisione di scrivere per il teatro musicale viene presa nel maggio 1955, in occasione della prima rappresentazione alla Scala della Santa di Blecker Street di G.Mariotti e, visto lo stile delle opere di Rossellini, è difficile pensare che si tratti di uno stimolo casuale. La sua musica, infatti, è saldamente ancorata alla tradizione operistica ottocentesca e si pone sulla scia dell'opera pucciniana e verista, avendo come modelli Massenet, Puccini, Zandonai, Alfano e dimostrando di non tenere in alcun conto le opere che nella prima metà del secolo scrivono musicisti come Stravinskij, Schönberg, Hindemith, Berg, o che proprio in quegli anni scrivono i cosiddetti postweberniani.
Lo stesso Rossellini, riferendosi alle ultime tendenze musicali, ci dice che "è caos, [...], non solo il volersi imporre con quel che distrugge fin nelle radici un passato, ma di negare ogni sopravvivenza del bel mondo armonico, melodico, tonale che fu la suprema consolazione di tutti gli uomini, [...]"(Renzo Rossellini, Pagine di un musicista, s.l. , Cappelli editore, 1964, p. 35.). L'esordio teatrale avviene con l'atto unico La guerra, con il quale Rossellini si impone immediatamente come operista di sicuro mestiere, senza pretese di originalità, abile nell'impiegare gli ingredienti del testo verista. Molti, forse sopravvalutando l'influenza del fratello, parlano di neorealismo musicale; i più attenti tuttavia precisano che semmai di neorealismo si può parlare solo per il libretto, essendo la musica carezzevole, melodiante ed in qualche punto addirittura edulcorata. In pochi anni seguono altre tre opere, confezionate in modo analogo. A partire da Il linguaggio dei fiori ('63), invece, si nota una certa evoluzione e la comparsa di un nuovo stile decisamente lontano dal realismo, talvolta pesante, dei primi lavori, più raffinato e in qualche modo più moderno, che nella Reine morte ('73), nonostante la semplicità melodica e l'armonia tonale, introduce un clima vagamente postweberniano. Fin dagli anni trenta è molto attivo per il cinema: Il signor Max ('36) di M.Camerini, La principessa Tarakanova ('38) di F.Ozep e M.Soldati, La nave bianca ('41) di Roberto Rossellini, Teresa Venerdì ('41) di V.De Sica. Poi nel periodo della guerra e del dopoguerra produce i suoi commenti migliori ed è anche il momento in cui si intensifica, fino a divenire totale, la collaborazione col fratello Roberto: I bambini ci guardano ('43) di V.De Sica, Roma città aperta ('45) di Roberto Rossellini, Paisà ('46) di R. Rossellini, Germania anno zero ('47) di R. Rossellini, Stromboli, terra di Dio ('49) di R.Rossellini, Francesco,giullare di Dio ('50) di R.Rossellini, Europa '51 ('52) di R.Rossellini, Viaggio in Italia ('53) di R.Rossellini, Il segno di Venere ('54) di D.Risi, La ragazza del Palio ('57) di L.Zampa, Il magistrato ('59) di L.Zampa, Il generale della Rovere ('59) di R.Rossellini, Era notte a Roma ('60) di R.Rossellini, Vanina Vanini ('61) di R.Rossellini, Anima nera ('62) di R.Rossellini. Ottiene due volte il Nastro d'argento per la miglior musica: uno per Paisà ('47) e l'altro per I fratelli Karamazov ('48) di G.Gentilomo.
Roma, città aperta ('45) di Roberto Rossellini; musica di Renzo Rossellini.
Mentre sfumano i titoli di testa del film, si sente sempre più alto il canto ritmato di una colonna di soldati tedeschi che marciano ed inneggiano al loro potere militare. Subito dopo, nella scena seguente, si vede un camion militare tedesco da cui scendono di corsa alcuni soldati. La musica che li accompagna provoca subito un sentimento d'inquietudine: il ritmo concitato degli archi che sostiene le note "puntate" degli ottoni è un tema destinato a designare proprio la presenza minacciosa degli invasori. I soldati bussano ad una pensione e questi battiti sono riecheggiati anche dai timpani. Il ritmo cresce sempre più mentre vediamo l'ingegner Manfredi fuggire attraverso le terrazze e i tetti fra di loro collegati intorno alla piazza. Già in questa prima sequenza, si palesa il tradizionalismo del commento musicale, con il tema dei tedeschi, con il sincronismo tra immagine e suono. Le sequenze successive sono tutte prive di musica, quasi a voler mantenere sempre in primo piano il realismo documentaristico del film. Quando don Pietro (Aldo Fabrizi) entra nella chiesa con Marcello, ecco ritornare la musica: il tema che si presenta è dolce e rilassato, quasi a volersi contrapporre nettamente a quello dei tedeschi. Abbiamo quattro battute, divise esattamente in due frammenti melodici differenti, ma che hanno il compito di suggerire, completandosi a vicenda, la calda e quieta accoglienza di un simbolo, la Chiesa appunto, che si propone subito come ultima difesa per la popolazione in preda alle crudeltà inaudite dei nazisti e della guerra. Anche musicalmente, il breve momento di equilibrio è sottolineato dalla ferma consuetudine delle melodie del melodramma ottocentesco, alla quale Renzo Rossellini si volge per coprirsi dalle sempre più invadenti musiche innovative europee che tendono tutte alla disgregazione del bel mondo "tonale" antico (contro la dodecafonia shönberghiana, così come contro il neoclassicismo stravinskiano). Più avanti, coll'evolversi della situazione, troviamo nuovamente don Pietro in chiesa, questa volta in compagnia di Pina (Anna Magnani), madre del piccolo Marcello. La musica non è più quella dolce e rilassata, ma abbiamo il ritorno del tema concitato iniziale, riferito ai tedeschi. Questo perché, lo vediamo subito dopo, compare nell'inquadratura un ufficiale tedesco, accompagnato da uno squillo allarmante di ottoni, il quale si rivelerà, poi, come disertore e portatore di un messaggio partigiano. Quindi, e questo è il primo vero avvertimento, anche la Chiesa non risulta più luogo sicuro e rassicurante, anche quest'ultima speranza viene a cadere, avvertendoci chiaramente che nulla può contro la barbarie degli invasori. Tale motivo musicale ricorda molto da vicino l' ouverture del Rigoletto verdiano, a conferma della sicura ispirazione melodrammatica ottocentesca alla quale il musicista si rifà. (segue)
Gianluca Nicastro (19.4.09)
Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano