Settimanale, anno 17 - n. 18
Sab, 23 Novembre 2024

Recensioni >> Jeffrey Lewis - Em Are I

Camminando per New York e domandando di Jeffrey Lewis ai passanti, probabilmente qualche ragazzotto vi parlerà di comic books, di tragici, romantici, divertenti fumetti. Qualcuno proseguirà facendo finta di non aver sentito, altri racconteranno di averlo incrociato sulla metro per il centro con in testa un cappello da camionista, mentre molti diranno di aver ascoltato un buon ed originale album di canzoni folk dei nostri giorni.
Tutte le versioni che sono state raccolte sono assolutamente vere e sono soltanto una piccola parte di ciò che questo personaggio ama fare con la sua fantasia e le sue idee. 
Il Jeffrey autore e musicista ha all'attivo moltissimi dischi, molti dei quali autoprodotti e registrati con apparecchi a basso costo.
Con il fratello Jack al basso e David Beauchamp alla batteria, Jeffrey unisce la musica acustica e psichedelica degli anni '60 con sperimentazioni art-punk stile Fall, canta liriche metropolitane su un sound figlio di papà Woody Guthrie e mamma Sonic Youth. Tra il 2006 e il 2008 ha aperto i concerti di importanti nomi della scena rock contemporanea come Steven Malkmus, Beth Orton, The Moldy Peaches e altri ancora.
L'album Em are I riunisce le tante anime del giovane e prolifico autore. L'inizio è tutto punk, ovviamente alla maniera di Jeffrey, con la saltellante Slogan. Dopo una manciata di secondi di ruvide chitarre economiche, si passa agli umori dolci e intimi di Is Life Exist?, un loop acustico difficile da interrompere che si interroga sul valore della vita.
Il valore di questo disco e della sua maturità si pesa soprattutto su canzoni quali: It's Not Impossible e la bellissima The Upside-Down Cross, una piccola perla di moderno folk metropolitano che unisce le esperienze strumentali del passato alla poesia e ai ritmi dei marciapiedi delle nostre città.
Questo album non smette mai di stupire e si rinnova ad ogni ascolto. Sicuramente per freschezza, marcata identità, riesce ad andare oltre i confini disegnati dalla creatività dei primi lavori solisti di Lou Barlow.

Claudio Donatelli   (03.05.09)


Per approfondire: http:\\www.myspace.com/jefflewisband