Settimanale, anno 17 - n. 20
Mar, 3 Dicembre 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 5) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione

Nino Rota


Nato a Milano il 3 dicembre 1911, morto a Roma il 10 aprile 1979. Proveniente da una famiglia di musicisti (la madre, pianista, è figlia di Giovanni Rinaldi), inizia gli studi di teoria e solfeggio con A.Perlasca, entrando quindi, all'età di 11 anni, al conservatorio di Milano, dove è allievo per la composizione di G.Orefice. Allievo in seguito di G.Bas e, dal '25 al '26, di I.Pizzetti, prosegue gli studi con A.Casella a Roma, dove si diploma al conservatorio di Santa Cecilia nel 1929. Dal '30 al '32, con una borsa di studio, diventa allievo di R.Scalero per composizione, di R.Reiner per direzione d'orchestra e J.B.Beck per storia della musica al Curtis Istitute di Filadelfia. Laureatosi quindi in Lettere all'Università di Milano, dal '37 al '38 insegna al Liceo Musicale di Taranto, e dal '39 a quello di Bari, di cui diviene direttore dal '50 al '77. Allievo di Pizzetti e Casella, e per qualche tempo influenzato dalla musica di Malipiero, eccellente conoscitore delle opere del novecento ed ammiratore entusiasta di Stravinskij, che conosce personalmente e frequenta per lungo tempo, nella sua attività di compositore Rota non tiene in nessun conto queste esperienze e segue una strada del tutto diversa.
Si pone, infatti, su posizioni che non trovano ri­scontro nel pur ampio e vario panorama della musica italiana del nostro secolo. La sua estetica, ancorata ad una concezione della musica come espressione immediata, ingenua e spontanea, che può senz'altro prescindere da proposizioni teoriche e da forzate concettualizzazioni, non ha alcun rapporto con le poetiche contemporanee; la sua produzione è caratterizzata da un linguaggio decisamente ottocentesco, fedele al primato della melodia e basato su tonalità del tutto prive di complicazioni armoniche e su forme e ritmi simmetrici ed immediatamente percepibili. Ma questo senza atteggiamenti polemici, senza prese di posizione teoriche, con una naturalezza ed un candore così disarmanti da garantirgli il rispetto e la stima anche da parte di chi giudica la sua inattualità quasi paradossale. Dotato di una straordinaria facilità inventiva, capace già a 8 anni, dopo un solo anno di studio di solfeggio, di scrivere tutto quello che vuole, componendo sinfonie ed oratori, Rota ha al suo attivo una produzione abbondante in tutti i generi e ricca di lavori impor­tanti, conosciuti ed apprezzati non soltanto in Italia. Oltre alle numerosissime musi­che per film, alcune delle quali degne di essere annoverate fra le sue cose migliori, sarà sufficiente ricordare Il cappello di paglia di Firenze ('55), La visita meravi­gliosa ('70) e Napoli milionaria ('77), gli oratori Mysterium ('62) e La vita di Maria ('70), la musica sacra (anche qui Rota si mostra più legato al passato che al presente e dichiara la sua adesione incondizionata alla liturgia cattolica com'è prima delle ultime riforme), la Sonata per violino e pianoforte ('35), il Concerto per pianoforte ('60). Le sue colonne sonore per film sono innumerevoli, ammontano ad un centinaio. Il suo esordio è nel 1933 per Treno popolare di R.Matarazzo. Lavora poi con R.Castellani: Zazà ('43), Mio figlio professore ('46), Sotto il sole di Roma ('48), E' primavera ('49); con M.Soldati: Le miserie del signor Travet ('46), Daniele Cortis ('47), Fuga in Francia ('48); con L.Zampa: Vivere in pace ('46), Campane a martello ('49), Anni facili ('53); con A.Lattuada: Senza pietà ('48), Anna ('51); con Eduardo De Filippo: Napoli milionaria ('50), Filumena Marturano ('51), Fortunella ('57), Spara forte, più forte, non capisco ('66); con M.Camerini: Molti sogni per le strade ('48), Due mogli sono troppe ('50), Marito e moglie ('58); con M.Monicelli: Proibito ('54), Un eroe dei nostri tempi ('55), La grande guerra ('59). Importantissima risulta la sua collaborazione con F.Fellini, del quale musica quasi tutti i film: Lo sceicco bianco ('52), Otto e mezzo ('63),  La strada ('54), I vitelloni ('53), Il bidone ('55), La dolce vita ('60), Giulietta degli spiriti ('65), Roma ('72), Amarcord ('73), Prova d'orche­stra  ('78). Il rapporto Fellini/Rota è un rapporto del tutto particolare: un regista con una fortissima personalità ed un musicista remissivo per natura. I risultati che ottengono sono sempre apprezzabilissimi sia sotto il punto di vista cinematografico che sotto quello musicale. Questo avviene proprio per quel riuscire, da parte del regista, a comunicare l'idea musicale destinata a fondersi con una data visione. Fellini non cerca, infatti, qualcosa di assolutamente originale da Rota, "ma un'eco di qualcosa che lui aveva già dentro e che gli derivava dalle musiche già ascoltate e alle quali non intendeva assolutamente rinunciare."

Gianluca Nicastro             (7.6.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro
La musica nel cinema del
dopoguerra italiano