Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano
Studi, tesi, riflessioni sulla musica
Capitolo 2.1 (parte 5) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione
Nino Rota
Nato a Milano il 3 dicembre 1911, morto a Roma il 10 aprile 1979. Proveniente da una famiglia di musicisti (la madre, pianista, è figlia di Giovanni Rinaldi), inizia gli studi di teoria e solfeggio con A.Perlasca, entrando quindi, all'età di 11 anni, al conservatorio di Milano, dove è allievo per la composizione di G.Orefice. Allievo in seguito di G.Bas e, dal '25 al '26, di I.Pizzetti, prosegue gli studi con A.Casella a Roma, dove si diploma al conservatorio di Santa Cecilia nel 1929. Dal '30 al '32, con una borsa di studio, diventa allievo di R.Scalero per composizione, di R.Reiner per direzione d'orchestra e J.B.Beck per storia della musica al Curtis Istitute di Filadelfia. Laureatosi quindi in Lettere all'Università di Milano, dal '37 al '38 insegna al Liceo Musicale di Taranto, e dal '39 a quello di Bari, di cui diviene direttore dal '50 al '77. Allievo di Pizzetti e Casella, e per qualche tempo influenzato dalla musica di Malipiero, eccellente conoscitore delle opere del novecento ed ammiratore entusiasta di Stravinskij, che conosce personalmente e frequenta per lungo tempo, nella sua attività di compositore Rota non tiene in nessun conto queste esperienze e segue una strada del tutto diversa.
Si pone, infatti, su posizioni che non trovano riscontro nel pur ampio e vario panorama della musica italiana del nostro secolo. La sua estetica, ancorata ad una concezione della musica come espressione immediata, ingenua e spontanea, che può senz'altro prescindere da proposizioni teoriche e da forzate concettualizzazioni, non ha alcun rapporto con le poetiche contemporanee; la sua produzione è caratterizzata da un linguaggio decisamente ottocentesco, fedele al primato della melodia e basato su tonalità del tutto prive di complicazioni armoniche e su forme e ritmi simmetrici ed immediatamente percepibili. Ma questo senza atteggiamenti polemici, senza prese di posizione teoriche, con una naturalezza ed un candore così disarmanti da garantirgli il rispetto e la stima anche da parte di chi giudica la sua inattualità quasi paradossale. Dotato di una straordinaria facilità inventiva, capace già a 8 anni, dopo un solo anno di studio di solfeggio, di scrivere tutto quello che vuole, componendo sinfonie ed oratori, Rota ha al suo attivo una produzione abbondante in tutti i generi e ricca di lavori importanti, conosciuti ed apprezzati non soltanto in Italia. Oltre alle numerosissime musiche per film, alcune delle quali degne di essere annoverate fra le sue cose migliori, sarà sufficiente ricordare Il cappello di paglia di Firenze ('55), La visita meravigliosa ('70) e Napoli milionaria ('77), gli oratori Mysterium ('62) e La vita di Maria ('70), la musica sacra (anche qui Rota si mostra più legato al passato che al presente e dichiara la sua adesione incondizionata alla liturgia cattolica com'è prima delle ultime riforme), la Sonata per violino e pianoforte ('35), il Concerto per pianoforte ('60). Le sue colonne sonore per film sono innumerevoli, ammontano ad un centinaio. Il suo esordio è nel 1933 per Treno popolare di R.Matarazzo. Lavora poi con R.Castellani: Zazà ('43), Mio figlio professore ('46), Sotto il sole di Roma ('48), E' primavera ('49); con M.Soldati: Le miserie del signor Travet ('46), Daniele Cortis ('47), Fuga in Francia ('48); con L.Zampa: Vivere in pace ('46), Campane a martello ('49), Anni facili ('53); con A.Lattuada: Senza pietà ('48), Anna ('51); con Eduardo De Filippo: Napoli milionaria ('50), Filumena Marturano ('51), Fortunella ('57), Spara forte, più forte, non capisco ('66); con M.Camerini: Molti sogni per le strade ('48), Due mogli sono troppe ('50), Marito e moglie ('58); con M.Monicelli: Proibito ('54), Un eroe dei nostri tempi ('55), La grande guerra ('59). Importantissima risulta la sua collaborazione con F.Fellini, del quale musica quasi tutti i film: Lo sceicco bianco ('52), Otto e mezzo ('63), La strada ('54), I vitelloni ('53), Il bidone ('55), La dolce vita ('60), Giulietta degli spiriti ('65), Roma ('72), Amarcord ('73), Prova d'orchestra ('78). Il rapporto Fellini/Rota è un rapporto del tutto particolare: un regista con una fortissima personalità ed un musicista remissivo per natura. I risultati che ottengono sono sempre apprezzabilissimi sia sotto il punto di vista cinematografico che sotto quello musicale. Questo avviene proprio per quel riuscire, da parte del regista, a comunicare l'idea musicale destinata a fondersi con una data visione. Fellini non cerca, infatti, qualcosa di assolutamente originale da Rota, "ma un'eco di qualcosa che lui aveva già dentro e che gli derivava dalle musiche già ascoltate e alle quali non intendeva assolutamente rinunciare."
Gianluca Nicastro (7.6.09)
Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano