Settimanale, anno 17 - n. 18
Gio, 21 Novembre 2024

Sulla musica >> LA MUSICA NEL CINEMA DEL DOPOGUERRA ITALIANO

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 5) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione

Sotto il sole di Roma
('48) di Renato Castellani; musica di Nino Rota

Nella sequenza seguente vediamo come la musica assolva anche alla sua funzione di seguire e di rendere sincronicamente i movimenti comici dei personaggi, ma inserendo anche qualche finezza di contrappunto fra di loro. Ciro si trova per le scale, con le scarpe nuove nascoste sotto la maglietta, accompagnato dalla  musica  dell'amore positivo. Si siede sulle scale per infilarsele; subito si sente qualche nota di un ottavino, con un suono acuto e leggero, a voler suggerire l'entrata di un personaggio: Ciro si volta e, vedendo Iris, cade giù dalle scale, accompagnato da note grevi e discendenti di un trombone. I due personaggi sono coloriti sincronicamente da strumenti differenti che inseriscono i loro incisi nel tema che li contiene, quello dell'amore appunto. Il tema della banda, prima fischiato, diviene un vero motivo nella sua distribuzione orchestrale, quasi da attacco di una battaglia, quando raggiungono correndo la Marana per fare il bagno. C'è tutto un correre, spogliarsi repentino, fino a giungere al tuffo rigeneratore nell'acqua. Gli ottoni, all'unisono, punteggiano il tema, creando quella situazione di gioco e di battaglia (rinascimentale) o di arrembaggio dei pirati. Quando uno dei ragazzi della banda induce Geppa, che non sa nuotare, a tuffarsi e sta per affogare, ecco il tema trasformarsi ed incupirsi, con le battute ritmi­che dei contrabbassi ed il vibrato degli archi che caricano l'aria di gioco di serietà greve. Ma Ciro è pronto ad intervenire e a portare in salvo il suo nuovo amico; quando quest'ultimo riapre gli occhi entra il tema di Iris, quello dell'amore positivo, che sottolinea ed individua una reale amicizia fra Ciro e Geppa. Ma non c'è pace, poiché sopraggiungono le guardie che prendono ad inseguire i ragazzi che fuggono. Rientra il tema frenetico del gioco, ma con cadenze ben più drammatiche del suo primo apparire. Abbiamo, in questo senso, del sincronismo, ma il suo effetto è man­tenuto sempre vivo dal continuo intrecciarsi dei motivi e dall'inserimento di brevi coloriture orchestrali che rendono perfettamente l'essenza delle immagini. La musica è usata anche come sottolineatura ironica: lo vediamo quando Ciro deve restituire i soldi delle scarpe ad Iris che gliele ha ricomprate sacrificando la spesa e passando sotto silenzio il suo generoso atto. Ciro non è uomo che si faccia comprare qualcosa dalle donne, non può reggere il suo orgoglio e convoca Iris per un appuntamento. Il tema dell'amore, qui, assume le sembianze di una danza della gelosia, il tango, che segue i movimenti dei due ragazzi fino al lungo bacio con un umorismo palese ed ostentato. Ciro, credendosi uomo, recita la parte dei divi americani (sappiamo dell'influenza del cinema di allora), ostentando frasi calcate su personaggi di celluloide. E la musica contribuisce a ridicolizzare questi atteggiamenti sincronizzandosi con le immagini e ponendosi come realtà di quei film, come loro essenza che lì, però, è usata in maniera seria. Quando Ciro, appena tornato da Cassino, apprende che la madre è ricoverata in ospedale, prende a correre verso l'ospedale San Giovanni, incurante del coprifuoco e dei tedeschi. Il tema dell'amore positivo si presenta orchestralmente quando Ciro, davanti ai cancelli chiusi, prega gli infermieri di farlo passare, ché lì c'è la madre ammalata e anche la bicicletta del padre. Entrato, vede uscire il padre addolorato da una stanza: la madre è morta e l'ha cercato tanto mentre stava male, ma lui è giunto troppo tardi. Qui entra il tema più drammatico che per le immagini assume un tono da vera tragedia. Tutta l'orchestra è impiegata ad accompagnare l'atmosfera, con i violini che, all'unisono, espongono il tema struggente e che trafiggono i cuori dello spettatore. Questa scena segna un limite nel film, forse quello della prima vera presa di coscienza che la giovinezza sta per finire, una fine segnata profondamente anche dalla musica che acquista un valore pari alle immagini. Essa raggiunge la massima intensità mentre l'immagine di Geppa, attaccato al cancello, sta sfumando in una dissolvenza, cui poi seguirà la scritta  "fine primo tempo", quasi come se la musica rappresentasse un'eco delle immagini drammatiche che si sono ormai consumate. Si ha l'impressione che invece di un primo tempo sia terminato un atto di un dramma lirico. I vari temi che aprono il film, intrecciati l'uno all'altro, tornano a chiudere il cerchio nel finale, dopo la rapina e la morte del padre di Ciro. L'atmosfera è quella da funerale, siamo a casa di Ciro; la sua voce fuori campo torna a raccontare ciò che sta succedendo. I vari nuclei melodici hanno ormai una valenza compiuta, la pellicola sta per finire. Il tema drammatico e quello dell'amore positivo sono affidati ora ai violini ora ai legni, contrappuntati dal tema ilare ed irriverente, segnato dai fiati bassi che lo riprendono, ma in una maniera molto più cupa ed attutita, quando appaiono sulla scena i fratellini piccoli di Ciro. Il significato è che essi possono avere comunque una giovinezza, anzi hanno il dovere di averla, segnata, però, dai lutti familiari e dalle violenze della guerra da poco terminata. Chi ha vera­mente finito di essere giovane e spensierato è Ciro. Appena entrato, infatti, posa un chilo di pasta vicino al berretto del padre e viene accolto dal fratellino piangente che lo abbraccia. La musica che lo accompagna è ormai solo quella del tema drammatico che propone fortemente il suo nuovo ruolo, quello maturo, di padre. Suo padre si è sacrificato tutta la vita per i propri figli ed è morto sparato dai rapinatori di pneuma­tici fra i quali, poco prima, si trovava anche Ciro. E'  l'ultimo atto di una redenzione cui Ciro ha preso parte sin dall'inizio del film e che si conclude appunto con la morte nefasta del proprio padre. Ciro, da ora in poi, non potrà avere altro motivo lirico che quello appartenente al padre, mentre quello ilare ed irriverente è passato definitiva­mente ai propri fratellini. La musica proveniente dalla pellicola viene usata in maniera sempre funzionale all'immagine, anche se non sempre è in contrappunto con esse. Infatti, quando Ciro ed Iris si trovano sulle scale di casa e, parlando, si stanno scambiando le prime effusioni amorose, ad accompagnarli si sente fischiettare, da basso, un motivetto popolare romano, una vera canzone d'amore. Si tratta della famosissima Roma nun fa' la stupida stasera che, proprio perché fischiettata in lontananza, assume un carattere particolare con le immagini dei due ragazzi che amoreggiano sul pianerottolo.
Il realismo delle immagini, insomma, sembra fondersi perfettamente con il realistico fischiettare di una canzone d'amore da un anonimo, da un popolano che non sappiamo chi è e cosa sta facendo in fondo a quella scalinata. Qui si tratta, quindi, di un sincronismo del tutto particolare che non assolutizza i per­sonaggi, staccandoli dall'ambiente in cui si trovano, ma li rende ancora più coagulati con esso. In un'altra scena vediamo Ciro e Geppa, insieme a dei contadini, sul vagone merci di un treno che sta andando verso Cassino. Tutti i presenti si recano lì per fare la borsa nera e fra l'allegria generale un contadino comincia a cantare il motivetto fascista Faccetta nera, cambiandone le parole e ricostituendolo in un inno alla borsa nera appunto: "Borsetta nera, con la farina...". Tutti quanti iniziano a seguirlo nel nuovo inno e a cantarlo a squarciagola. L'effetto che ne proviene è decisamente canzonatorio ed umoristico, una satira popolare per spregiare un Regime che, fortunatamente, non c'è più. Ma il motivetto viene ripreso una seconda volta, quando Ciro e Geppa, imprigionati dai tedeschi e sfuggiti dalla cella a causa del bombarda­mento di Cassino, si ritrovano sul ciglio di una strada, ancora increduli d'essersi sal­vati. In quel momento, a convincerli che sono veramente vivi e non morti, ecco ri­sentirsi l'inno della "borsetta nera", cantato sempre dallo stesso contadino che su un carro sta trasportando molta merce alimentare. I due ragazzi salgono e felicissimi cominciano a cantare con lui, un vero canto di ritorno alla vita. L'inizio del secondo tempo è segnato da una musica allegra, esotica che viene suonata da un'orchestra in un locale dove si balla e dove vediamo primeggiare la Statua della Libertà americana. La guerra è ormai finita; gli alleati e la loro cultura si impadroniscono del popolo italiano che vuole svagarsi. Vediamo ragazze (con i piedi sporchi) atteggiarsi e  civettare con  uomini che possono pagarle bene, vediamo Ciro ballare con Tosca (Gisella Monaldi), la quale è una matura signora sposata, ma a cui piace anche spassarsela con i giovanotti. Il motivo suonato e can­tato è Brasil, Brasil, reso col suo originale ritmo latino-americano che si contrappone fortemente con la musica della scena seguente. Vediamo infatti Iris davanti Porta San Giovanni in una bancarella, intenta a lavorare ed in attesa di Ciro che si trova, però, nel locale con Tosca. La musica che si sente provenire da un organetto  a manovella, quelli che solitamente sono usati nelle giostre e nelle fiere, è una melodia popolare che rende tristissima la scena contrappuntata dalla musica esotica della scena precedente alla quale è  legata drammaticamente. Ciro dovrebbe essere lì con Iris perché è socio di quella bancarella, ma mentre lui balla divertendosi con Tosca, lei deve lavorare nella tristezza più completa, sapendo che Ciro non viene perché è con altre donne.
Nino Rota
già nei suoi primi lavori per il cinema dà prova di grande accortezza di mestiere. E' da considerarsi, infatti, come il vero primo musicista cinematografico in Italia. Il modo di usare la musica con le immagini è incredibilmente funzionale, quasi mai gratuito; egli capisce, insomma, l'importanza che la musica ha nell'economia e nella drammaticità del film. I nuclei melodici da lui creati sono, pur essendo di natura differente, legati l'un l'altro ed interagiscono in tutti i modi (unendosi, distaccandosi, contaminandosi a vicenda) fra loro, trovando compimento nell'immagine fotografica e evocandone la sua essenza profonda. Si può ben dire che la sua musica rappresenti l'eco poetica dell'immagine cui si lega. Questo è ancora più visibile nella sua collaborazione con Federico Fellini che esula purtroppo dal nostro lavoro e che sarebbe pur interessante  analizzare.

Gianluca Nicastro     (5.7.09)


Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro
La musica nel cinema del
dopoguerra italiano