Recensioni >> Sonic Youth - The Eternal
La storia dei Sonic Youth ha inizio nel lontano 1976 ed è una
bella storia da raccontare fatta di passione, fatica, libera creatività e tanta
musica.
Proprio della libertà creativa hanno
fatto il loro manifesto di battaglia, in quanto negli anni '80 furono i
paladini della musica indipendente, incidendo 6 album in 6 anni per varie
label. Gli anni '90 rappresentano il grande cambiamento per i SY come per molte altre band della scena
indie americana. La grande distribuzione mette sotto contratto grandi nomi
dell'avanguardia rock facendo diventare così più facilmente accessibili album,
suoni, temi, prima meno conosciuti. Per molti puristi del genere questo
passaggio ha rappresentato un vero shock e la fine di un'epoca.
Intanto la
gioventù sonica ha messo su famiglia, ha suonato dal vivo senza mai fermarsi,
sempre con grande generosità, ha inciso dischi per la DGC, senza risparmiarsi scappatelle
soliste.
Nel 2008 di fronte ad un panorama
discografico confusionario e disperatamente in crisi i Sonic Youth si apprestano a compiere un'altra
rivoluzione nella loro vita creativa. Rompono gli indugi, lasciano la Geffen per tornare "indipendenti".
Dopo anni di ritmi rigidi di composizione, di lunghe sessioni di registrazione,
tempi prestabiliti per la promozione, cambiano radicalmente tattica. Dedicano
il fine settimana alla composizione di 2
o 3 canzoni e il fine settimana successivo alla registrazione delle
stesse. Altro fondamentale particolare: entra a far parte della famiglia Mark
Ibold al basso, storico
componente dei Pavement e che aveva già lavorato con la Gordon nelle Free-Kitten. The Eternal è il risultato di due mesi di
registrazioni newyorkesi.
Si parte subito con il singolo del cd Sacred
Trickster ed è subito
una pioggia di sacri colori supersonici! Le chitarre di Ranaldo e Moore si parlano alzando la voce, usando poche parole ma
molto chiare.
L'aria è ricolma di
tensione, il ritmo incalzante, una rivolta è in atto. Gli arpeggi, le atmosfere
più complesse degli anni passati, legati alla collaborazione con il compositore Jim O'Rourke, sono
lontani, il lavoro delle chitarre che ha reso famosa la band si fa più minimale
e forma un intenso tappeto sonoro. Gli odori punk rock tornano a farsi sentire, What we Know cantata
da Ranaldo è in
perfetto stile sonico con le chitarre che si aggrovigliano scordate ad arte. Il
contributo di M. Ibold al basso è notevole, ammorbidisce le curve con linee melodiche semplici, smorza
le atmosfere thriller, care alla band, a favore di un deciso e divertente rock
sound.
Ascoltare pezzi come Thunderclap for Bobby Pyn e No way fanno sentire il valore della spontaneità
ritrovata dal gruppo. L'album è tirato fino in fondo, è fresco, intenso e saprà
conquistare, ancora una volta, i cuori dei tanti, eterni, giovani sonici.
La
città di New York ha una grande tradizione nell'avanguardia musicale, e ha
avuto importanti artisti che hanno saputo veicolare le espressioni più
sofisticate in favore di una maggiore divulgazione. L'esempio più calzante di
questo fenomeno sono i Sonic Youth. La band è entrata nel costume popolare, ha fatto
proprio il linguaggio del quotidiano, ha storpiato i naturali canoni della
cultura pop, ha dato vita a una forma espressiva personale di enorme fascino.
Claudio Donatelli (26.07.09)