Settimanale, anno 17 - n. 18
Gio, 21 Novembre 2024

Recensioni >> Sonic Youth - The Eternal

La storia dei Sonic Youth ha inizio nel lontano 1976 ed è una bella storia da raccontare fatta di passione, fatica, libera creatività e tanta musica.
Proprio della libertà creativa hanno fatto il loro manifesto di battaglia, in quanto negli anni '80 furono i paladini della musica indipendente, incidendo 6 album in 6 anni per varie label. Gli anni '90 rappresentano il grande cambiamento per i SY come per molte altre band della scena indie americana. La grande distribuzione mette sotto contratto grandi nomi dell'avanguardia rock facendo diventare così più facilmente accessibili album, suoni, temi, prima meno conosciuti. Per molti puristi del genere questo passaggio ha rappresentato un vero shock e la fine di un'epoca.
Intanto la gioventù sonica ha messo su famiglia, ha suonato dal vivo senza mai fermarsi, sempre con grande generosità, ha inciso dischi per la
DGC, senza risparmiarsi scappatelle soliste. Nel 2008 di fronte ad un panorama discografico confusionario e disperatamente in crisi i Sonic Youth si apprestano a compiere un'altra rivoluzione nella loro vita creativa. Rompono gli indugi, lasciano la Geffen per tornare "indipendenti".
Dopo anni di ritmi rigidi di composizione, di lunghe sessioni di registrazione, tempi prestabiliti per la promozione, cambiano radicalmente tattica. Dedicano il fine settimana alla composizione di 2  o 3 canzoni e il fine settimana successivo alla registrazione delle stesse. Altro fondamentale particolare: entra a far parte della famiglia
Mark Ibold al basso, storico componente dei Pavement e che aveva già lavorato con la Gordon nelle Free-Kitten. The Eternal è il risultato di due mesi di registrazioni newyorkesi. Si parte subito con il singolo del cd Sacred Trickster ed è subito una pioggia di sacri colori supersonici! Le chitarre di Ranaldo e Moore si parlano alzando la voce, usando poche parole ma molto chiare.
L'aria è ricolma  di tensione, il ritmo incalzante, una rivolta è in atto. Gli arpeggi, le atmosfere più complesse degli anni passati, legati alla collaborazione con il compositore
Jim O'Rourke, sono lontani, il lavoro delle chitarre che ha reso famosa la band si fa più minimale e forma un intenso tappeto sonoro. Gli odori punk rock tornano a farsi sentire, What we Know cantata da Ranaldo è in perfetto stile sonico con le chitarre che si aggrovigliano scordate ad arte. Il contributo di M. Ibold al basso è notevole, ammorbidisce le curve con linee melodiche semplici, smorza le atmosfere thriller, care alla band, a favore di un deciso e divertente rock sound.
Ascoltare pezzi come
Thunderclap for Bobby Pyn e No way fanno sentire il valore della spontaneità ritrovata dal gruppo. L'album è tirato fino in fondo, è fresco, intenso e saprà conquistare, ancora una volta, i cuori dei tanti, eterni, giovani sonici.
La città di New York ha una grande tradizione nell'avanguardia musicale, e ha avuto importanti artisti che hanno saputo veicolare le espressioni più sofisticate in favore di una maggiore divulgazione. L'esempio più calzante di questo fenomeno sono i
Sonic Youth. La band è entrata nel costume popolare, ha fatto proprio il linguaggio del quotidiano, ha storpiato i naturali canoni della cultura pop, ha dato vita a una forma espressiva personale di enorme fascino.

Claudio Donatelli      (26.07.09)