Settimanale, anno 17 - n. 20
Mar, 3 Dicembre 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 6) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione

Riso amaro ('49) di Giuseppe De Santis; musica di Goffredo Petrassi

Sotto i titoli di testa scorrono le immagini delle risaie del Vercellese, una delle località dove, appunto, c'è la possibilità di lavorare e raccogliere riso. Infatti, vediamo subito le mondine e i guardiani con l'acqua sino alle ginocchia intenti al lavoro. La musica che Petrassi propone riassume la drammatica vicenda del film con sonorità molto particolari, non di certo tradizionali, che non lasciano nessun dubbio sull'ispirazione europeista contemporanea. Non dimentichiamo che Petrassi è il massimo rappresentante, in Italia, del neoclassicismo stravinskiano; musica, quindi, di profonda avanguardia per un paese tradizionalista come il nostro in fatto di musica. Egli però, e subito ne sentiamo l'effetto, introduce, sia pure mantenendo la tonalità minore, la musica di ispirazione popolare che ritroveremo lungo tutto il corso del film, quelle melodie e canti che le mondine canteranno durante il lavoro e che assumeranno, di volta in volta, differenti valenze drammatiche in rapporto alle immagini. Quindi, scopriamo da subito che si tratta di musica d'avanguardia, ma vi troveremo anche quei fattori nazionali capaci, insieme alle immagini, di rendercela più diretta. Laddove questa fusione non avviene e avremo solo la musica d'avanguardia, la sensazione predominante sarà quella dell'estraneità, poiché non riu­sciremo a confondere le immagini così realistiche e contadine con quel tipo di musi­ca del tutto elitaria. Così è, per esempio, nella scena in cui vediamo Silvana (Silvana Mangano) e Francesca (Doris Dowling) affrontarsi, dopo una zuffa scoppiata fra le mondine col contratto sindacale e quelle che non lo hanno. La situazione è molto tesa tra le due donne: Silvana, avendole rubato la collana, cerca in tutti i modi di farla cacciare perché clandestina e ladra. Ma ladra è anche Silvana, visto che poi Francesca scopre tutto. La musica qui ha il compito di sottolineare questa atmosfera tesa e interviene con i legni che alternativamente, cominciando dal fagotto fino al clarinetto, producono dei trilli ad intervalli sempre più brevi e serrati, mentre gli archi sottolineano col pizzicato i momenti più drammatici. Nella scena compare anche il militare (Raf Vallone), personaggio del tutto positivo, che si rifiuta di denunciare Francesca ai carabinieri, individuando nel suo volto una luce di onestà, accompa­gnato dagli archi che producono una melodia più rilassata e tranquilla, ma pur sem­pre appartenente alle sonorità particolari avanguardistiche. Del tutto singolare appare poi il modo di sottolineare le scene d'amore. Quando il militare, visibilmente innamorato di Silvana, la prende in disparte e tenta di baciarla, la ragazza, abituata al corteggiamento, lo rifiuta. Ne nasce un dialogo che ci informa sulle loro differenti nature ed aspirazioni. L'uno, del tutto concreto ed onesto, vuole partire per l'America del sud, dove c'è tanto lavoro, dove si può fare tanto denaro per stare tranquilli; l'altra, al contrario, sognatrice e romantica, vuole una vita avventurosa, da romanzo e, all'America del sud, preferisce quella del nord, molto più "elettrica". Questa differenza viene ripresa dalla musica che propone due temi che si intrecciano e si allontanano. Un tema è reso dalla tromba suonata a marcia militare che rincorre e cerca di inserirsi nell'altro tema, quello contadino, cantato precedentemente dalle mondine, reso dai legni che lo rendono fuggitivo ed irriverente. Nasce un dialogo parallelo a quello dei personaggi: i tentativi del motivo militare di farsi ascoltare sono sempre interrotti ironicamente e vezzosamente da quello popolare, fino a lasciarlo completamente disilluso nelle note finali della tromba. Silvana disillude il militare perché è attirata da un personaggio del tutto ne­gativo, il ladruncolo Walter (Vittorio Gassman), al quale spera di congiungersi per realizzare i suoi smodati sogni. Francesca, al contrario, vuole liberarsi dalla sua vec­chia vita e dal suo amore negativo con Walter e si innamora del positivo militare. Un gioco di coppie che troverà il suo giusto equilibrio solo alla fine del film con la morte del ladruncolo e di Silvana. Nel deposito di riso dove è nascosto Walter arriva Francesca ormai staccata dalla diabolicità e spavalderia del suo ex fidanzato. Scopre anche che la collana, che ha cercato di nascondere in tutti i modi, è falsa. Il suo amore è finito; ma anche il ladruncolo non l'ama più (visto il personaggio, non si può dire che l'abbia mai amata), e lo vediamo cedere solo alla stanca voglia della carne. Tutto questo è ben reso dalla musica che con il "basso" fraseggio del fagotto a cui rispondono le scale cromatiche del clarinetto, punteggiati da lentissimi spazi ritmici dei timpani, ci portano in una atmosfera lugubre e decadente, agli inferi visti come fogne, nelle quali si aggira il ladro, beandosi del luogo in cui si trova. Ma Francesca è ormai decisa ad uscirne e non cede alla stanca bramosia di Walter che in tutta risposta le regala un irriverente sbadiglio, reso sincronicamente dal "mute" (una sorta di sordina) sulla tromba che ne echeg­gia ironicamente il suono onomatopeico.

Gianluca Nicastro           (27.9.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano