Settimanale, anno 17 - n. 18
Gio, 21 Novembre 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 7) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione 

Il testimone
('46) di Pietro Germi; musica di Enzo Masetti

Ad aprire i titoli di testa è una breve frase melodica eseguita dalla tromba in maniera del tutto squillante e che termina su una nota coronata, dichiarandosi subito come indipendente da quello che seguirà e ponendo un momento di sospensione. Ci accorgeremo subito, nelle prime scene al Palazzo di Giustizia, che tale nucleo melodico si legherà ad un personaggio ben preciso, il vecchio testimone, fungendo da vero leit-motiv . Subito dopo abbiamo un movimento concitatissimo degli archi che all'unisono producono una grande tensione, come a presagire qualcosa di spaventoso. Dopo alcune battute, il fraseggio velocissimo ed all'unisono degli archi viene interrotto, in levare, dalla sincope dei timpani: quando i timpani intervengono in controtempo, gli archi tacciono, per riprendere subito dopo il loro movimento rapido e vorticoso e fermandosi sempre per pause brevissime. Questa figurazione esprime potentemente, con il ribattere dei timpani, lo scaricarsi di un caricatore di una mitragliatrice su un condannato a morte. Ed infatti il film tratta di un presunto assassino, Pietro (Roldano Lupi), che sta per essere condannato a morte in base alla deposizione di un testimone assolutamente convinto dell'infallibilità del suo orologio. 
Dopo quest'effetto da mitragliatrice, abbiamo il nucleo melodico iniziale ripetuto questa volta dagli archi all'unisono che evolve in un secondo tema indipendente che si legherà, lo vedremo durante il film, ad una storia d'amore, nata dopo la riacquistata libertà di Pietro. Il lento movimento degli archi, estremamente rilassato rispetto al movimento precedente, si esprime in una tonalità maggiore, punteggiato qua e là da accordi dissonanti che lasciano presagire il sapore amaro di una libertà e di un amore non completamente puliti, ma sovrastati dall'ombra del peccato e del rimorso. Ecco che, da subito, Masetti inserisce i nuclei melodici fondamentali che avranno una loro particolare funzione durante la narrazione dei fatti trattati nel film, fungendo da veri e propri leit-motiv dei personaggi e delle situazioni. Non vengono create figure musicali scevre dalla drammaticità della pellicola, ma vi si inseri­scono, a pieno titolo, come loro parte essenziale e chiarificatrice. Già nei titoli di te­sta, insomma, la storia viene annunciata e, in qualche modo, svolta, fornendo allo spettatore quei punti su cui far convergere la propria interpretazione. E in questa sinteticità musicale-figurativa che questo musicista si rivela del tutto moderno. Siamo in un'aula di tribunale al Palazzo di Giustizia. L'avvocato difensore sta cercando, con affettata eloquenza, di smontare l'accusa che vuole Pietro, l'imputato, assassino a scopo di rapina. Ma sembra non ci siano prove schiaccianti. A ribaltare la situazione, l'accusa chiama a testimoniare un nuovo teste. L'inquadratura è ora su una porta aperta, dalla quale apparirà il vecchio testimone. Abbiamo un vibrato degli archi in crescendo che raggiunge il fortissimo appena il testimone sta per apparire. Una volta apparso ecco  ripresentarsi la breve battuta iniziale, eseguita, all'unisono da ottoni ed archi. Da ora in poi, ogniqualvolta la risentiremo, essa rappresenterà questo personaggio e, simbolicamente, la verità. Il teste si avvia a prendere posto e ad accompagnarlo è una ripresa della battuta precedente, variata ironicamente nel suggerire, anche nel tempo usato, una marzialità che ben si addice al personaggio. Egli, infatti, vive in un mondo in cui tutto deve essere regolato alla perfezione, ogni cosa deve essere al suo posto e il simbolo di tutto questo sarà il suo infallibile orologio di marca Treno. La stessa melodia ritorna poco dopo quando l'avvocato difensore, dopo avergli manomesso l'orologio, gli chiede se veramente è convinto di aver visto Pietro e non altri alle ore 11-15: egli assicura che l'imputato è quello che ha visto la sera del delitto, gli uomini possono sbagliare ma non lui ed il suo orologio. La melodia diviene minore ed è eseguita dagli archi. Pietro viene con­dannato a morte.
 

Gianluca Nicastro    (18.10.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano