Settimanale, anno 17 - n. 18
Gio, 21 Novembre 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 7) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione 

Il testimone
('46) di Pietro Germi; musica di Enzo Masetti (seconda parte)

Siamo in cella, Pietro fuma una sigaretta sdraiato sul letto. E' visibilmente sconsolato ed afflitto. Dalla finestrella con le sbarre giunge il suono di una fi­sarmonica che esegue una canzone popolare, di quelle da paese, in tonalità maggiore e in 3/4 (una sorta di liscio). Egli ne è attirato, si alza in piedi e scorge, nella cella di fronte, un altro detenuto. Ne nasce un dialogo dietro le sbarre molto triste per la si­tuazione in cui si trovano: tutti e due condannati a morte. La musichetta allegra che proviene da fuori crea un contrappunto con la situazione disperata dei prigionieri. Ad interromperla è un vociare di litigio fra marito e moglie, delle voci di bambini che giocano in un cortile. Essi non possono più avere nulla di tutto questo, ormai il loro futuro è segnato. L'altro detenuto, di nome Andrea, comincia a parlare, sognando di poter essere nuovamente liberi, poter nuovamente respirare e andare, sulla sponda del fiume, ad una osteria, dove si trova una bella ragazza che ride sempre.
La musica non proviene più dalla pellicola ed è del tutto descrittiva nel colore e nei timbri degli strumenti. Si veda, per esempio, quando Andrea parla di quel girovagare da idillio primaverile: gli archi eseguono una dolce melodia, colorita dall'arpa che le dà quel sapore onirico. Oppure, quando parla della ragazza, udiamo un assolo di violino smaccatamente edulcorato, anch'esso da idillio d'amore. Masetti cede sì al descrittivismo, ma inserendolo in una continuità fatta non di sola musica. Abbiamo, così, prima la fisarmonica, poi l'intervento di quel vociare ed infine la musica da so­gno. Tutto questo non staccato l'uno dall'altro, ma intercomunicante, nella ricerca di quell'unità che si può ottenere anche coagulando elementi di natura diversa. E, inol­tre, vedremo come la stessa musica, ricordandoci le parole di Andrea, ormai morto, accompagnerà Pietro nel suo vagare all'uscita dal carcere, in piena libertà, verso la sponda sulla quale si trova l'osteria dove farà l'incontro con Linda (Mauren Melrose), di cui si innamorerà. Il leit-motiv del testimone riappare quando lo vediamo, il mattino dopo la sua deposizione, andare a lavorare all'Anagrafe. La tonalità è in minore e ci avverte che sta succedendo qualcosa. Infatti, un suo collega gli fa notare che è in ritardo sull'orologio a pendolo dell'ufficio. Il vecchio non vuole crederci, ma quando confronta il suo orologio con l'ora di quello a pendolo, ecco che il motivo conduttore viene reso squillante dal trillo dei legni e dal vibrato degli archi, quasi a voler sug­gerire la stupefacente ed inverosimile constatazione da parte del testimone: si accor­ge che il suo orologio, come tutte le cose, è soggetto ad errori e difetti, il mondo re­golato che si è costruito sta per crollare e disfarsi. Mangiato dal rimorso, si affretta a ritirare la deposizione e a battersi perché l'imputato venga assolto. Durante la notte vediamo, in parallelo, il testimone e l'imputato dimenarsi nel sonno. Il testimone è oppresso dal rimorso e Pietro ha paura, poiché hanno appena portato via Andrea, per eseguirne l'esecuzione. Il leit-motiv rinnova la sua presenza nei sonni inquieti del detenuto: l'accusa vera si è personificata ormai nel buon vecchio e nel suo maledetto orologio.

Gianluca Nicastro    (25.10.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano