Settimanale, anno 17 - n. 20
Mar, 3 Dicembre 2024

Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano

Studi, tesi, riflessioni sulla musica

Capitolo 2.1 (parte 8) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione   

Una domenica d'agosto
('50) di Luciano Emmer; musica di Roman Vlad 

La musica d'accompagnamento vera e propria, quella esterna, è ridotta a pochissimi interventi che sono resi difficilmente riconoscibili proprio dalla grande presenza della musica dalla pellicola. Ne abbiamo un primo avvertimento quando la famiglia numerosa si accinge a mangiare un bel piatto di pasta asciutta. Qui abbiamo una strumentazione che ricorda quelle bandistiche, con le note puntate e omoritmi­che ora dei legni ora degli ottoni, e che suggerisce, con smaccata ironia, la classica "abbuffata" da festa di paese. Un'altra musica si lega poi a due personaggi precisi. Righetto (Franco Interlenghi) e una ragazza (figlia della famiglia numerosa): si conoscono, vanno a fare una gita in pattino (che poi affonda) e si ritrovano, tutti soli, in una spiaggia dove non c'è nessuno. Lo stabilimento dal quale sono partiti è distante ed è impossibile raggiungerlo per la spiaggia, visto che è disseminata di mine. Nasce un motivetto che si lega proprio a questi due personaggi, eseguito dal violino e pianoforte sullo stile dell'operetta, una strana melodia, fra l'allegria e l'amore, che sottolinea la svagatezza e insieme il primo vero battere del cuore per una storia che sta per nascere fra due adolescenti.  Gli altri due personaggi a cui viene legata una musica particolare sono il vigile Ercole (uno strano Marcello Mastroianni con la voce di Alberto Sordi) e la sua fidanzata che fa la cameriera e sta rischiando di perdere il posto perché incinta. Ad accompagnarli nelle loro passeggiate a Roma (visto che Ercole è di servizio) c'è un valzerino, in 3/4, reso dalla fisarmonica con i classici accenti e sonorità da festa di paese, insieme allegra e triste (e non è un caso, visto che tutti e due non sono di Roma e la musica diviene "nostalgia" del paese natio). Essi passeggiano sì, ma vanno in cerca di qualcuno che possa risolvere la loro situazione, dando un nuovo posto di lavoro alla donna. Fra poco devono sposarsi, avere un bambino, e tirare a campare in una città come Roma non è facile.
Roman Vlad è sì un grande musicista, ma in questo film non è dato sentire, in maniera tattile, un suo grande intervento musicale, visto che esso può essere ridotto a ritmi e arrangiamenti di canzoni non sue. I suoi veri interventi, lo abbiamo già detto, sono ridotti realmente al minimo, quasi a non voler uscire dalla pellicola più di tanto, ma rimanendo vincolati ad un realismo musicale che a lungo andare risulta oltremodo stucchevole e non certo funzionale. Infatti, nel cinema la vera funzionalità si ha quando c'è un certo scambio e iterazione fra musica esterna e musica dalla pellicola, proponendosi coagulate, ma con un chiaro significato drammatico in rapporto alle immagini. C'è da dire, inoltre, che anche quella musica dalla pellicola si insinua e si sente nelle scene solo come scenografia, come contorno alla situazione, senza mai porsi in un vero contatto con la drammaticità delle immagini, se non quando è il "caso" o alcune circostanze fortuite a far sì che immagine e suono entrino in dialettica. Del resto, bisogna dire che tutto è lasciato in mano allo spettatore che, a modo suo, con la propria interpretazione personale e soggettiva, può caricare le immagini del significato ulteriore che la musica del momento suggerisce; ma una vera oggettività, quindi, non esiste. La musica vera e propria, quella esterna, non ha una grande funzione, visto che compare così raramente e in un modo poco chiarificato. La sensazione che si ricava dalla visione di questa pellicola è di estrema nebulosità, di caos narrativo, di frammentazione totale. Certo, questa sua proprietà si ripercuote e compromette anche la musica che in ultima istanza risulta non molto dissimile dalla situazione delle immagini. Probabilmente, la causa nefasta di un tale risultato è da attribuirsi al regista Emmer, il quale debutta proprio con questa pellicola, dimostrando, però, di non riuscire ad avere grande dimestichezza con i mezzi narrativi di cui il cinemato­grafo dispone, se non in pochi momenti, in brevi trovate. Forse è il montaggio la ra­gione principale, poiché viene ad agire come una ghigliottina estetica sia sull'imma­gine, ma ancor più sulla musica che ne esce quasi sempre mutilata. E' impossibile, quindi, tracciare un vero giudizio estetico sull'operato  pratico di Vlad nel cinema. L'unico vero modo per farlo è ricercare e leggere attentamente tutti i suoi interventi teorici che più di ogni altra cosa pongono questo musicista fra quanti abbiano ben chiara coscienza dei problemi che la musica cinematografica comporta e della loro risoluzione (almeno per via teorica).

Gianluca Nicastro
    (20.12.09)

Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano