A propos de >> Devendra Banhart - Auditorium di Roma
Musica a 360 giri
Devendra Banhart in concerto.
Roma e L'Auditorium Parco della Musica sono vestiti di luci per accogliere calorosamente l'arrivo del Natale
'09, le giostre, le vetrine. C'è grande movimento di ragazzi e persone di tutte
le età e l'aria è frizzante, elettrica. La sala Petrassi organizzata su due
livelli in pochissimo tempo si riempie e non mancano volti noti del panorama
rock italiano che cercano di sbirciare tra strumenti e pedali appoggiati sul
palco. Sulle aste da microfono sono appese delle simpatiche bambole con visi
buffi che dànno l'aria della festa. Devendra Banhart sbuca da dietro il sipario scortato dai suoi
musicisti, i suoi "fratelli" artistici che lo accompagnano da qualche
tempo.
Giusto
il tempo di un saluto sussurrato e la chitarra di Rodrigo Amarante batte il tempo di Long haired child, l'aria prende subito la giusta temperatura, la
voce di Banhart scandisce ogni
singola parola con bocca, mani, piedi, con il vibrato della sua voce sembra
animare le bambole come in una danza voodoo. E finalmente arriva il momento del
primo applauso, quasi liberatorio, soprattutto per il pubblico, ma il buon Devendra sa governare alla perfezione l'animo di chi lo
ascolta, tanto che dopo aver accorciato le distanze con una serie di dolcezze,
tipo siete fantastici..., parte
il riff di Shabop Shalom e con poche e dolci parole d'amore ci si apre il cuore. Sulle note di questa stupenda ballata anni 50, gioca con
parole, accenna un'irresistibile rap, e forse per il suo look da capellone
misto al suo spirito giocoso sembra ricordare qualcosa del buon vecchio Zappa.
Il ragazzo è nato in Texas, cresciuto
in Venezuela e vive tra New York e la California. Tutto questo girare viene
ripresentato nelle sue canzoni, sul palco, riesce a miscelare con naturalezza
suoni, atmosfere, ritmi, tutto è molto fresco e mai noioso, al set elettrico
iniziale segue il momento più toccante della serata. Voce e chitarra regala
pillole di ottimo folk, con una cover ricorda lo scomparso Jonny Thunder, e accenna Simon & Garfunkel. Al piano suona I remember, lenta, sussurrata, le parole sono sufficienti a
riempire di tenerezza l'ampia sala e il suono dei tasti del piano fermano il
respiro dei tanti presenti.
Rientra
la banda e torna a primeggiare l'elettricità del soul danzante e scatenato,
sulle note di Lover avviene il miracolo, dai comodi sedili si alzano prima pochi ragazzi dai piedi
irrequieti e a seguire tutti i presenti della galleria invadono la base del
palco per scatenarsi nei balli! Carmensita è intensa, cantata e ballata generosamente da Banhart, le chitarre suonate e tirate fino all'ultimo
respiro. Dopo due bis e più di due ore di ottima musica è arrivato il momento
dei saluti.
Non si può nascodere che la serata veniva presentata come un happening di
grande spessore artistico, quasi a rivivere quelle emozioni vissute nel finire
dei '60 quando i mostri sacri del rock si esibivano nel nostro Paese. Bersaglio
mancato! Che dire, solite mosse commerciali o semplice errore di calcolo. Il
concerto è stato molto bello ma i tempi nei quali ci troviamo a vivere sono
evidentemente diversi, come anche gli artisti, e sarebbe più costruttivo che
gli analisti musicali utilizzassero il loro tempo a parlare di adesso e non di
allora. Devendra Banhart incarna
un ispiratissimo demone rock contemporaneo, ama miscelare più stili e generi
presenti sulla nostra terra, riuscendo sempre a regalare emozioni vere!
Claudio Donatelli (3.01.10)