Sulla musica >> La musica nel cinema del dopoguerra italiano
Studi, tesi, riflessioni sulla musica
Capitolo 2.1 (parte 9) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i "maggiori", fra tradizione ed innovazione
Montecassino ('46) di A. Gemmiti; musica di Adriano Lualdi
Nei titoli di testa scorrono le tragiche immagini di devastazione causata dall'assurda violenza della guerra. L'importantissimo Monastero di Montecassino, fondato da Benedetto da Norcia intorno al 529 e divenuto casa madre dell'ordine dei benedettini, è raso al suolo, completamente distrutto. La musica che accompagna queste tristi immagini si propone, stranamente, in gloriosi movimenti melodici che subito fanno pensare alla musica dei cosiddetti Kolossal di argomento biblico. E' strano vedere con raccapriccio quell'ammasso di macerie e, insieme, sentirle accompagnate da una musica che si addice più ad una vittoria che ad una siffatta sconfitta. Ma subito, non appena terminati i titoli di testa, scorrono altre scritte dove si può leggere una breve storia dell'Abbazia e sulle sue distruzioni durante i secoli, e come essa sia sempre risorta dalle proprie macerie per opera dell'umana fede e dell'immortale spirito che vi aleggia intorno. La musica, ora, acquista un significato differente: essa inneggia alla sacralità e all'immortalità delle opere fatte dall'uomo e consacrate al suo Dio. Tali opere non possono mai morire del tutto, poiché è proprio il soffio divino a preservarle dalla reale distruzione, quella spirituale. La barbarie della guerra può distruggere la materialità umana, giammai il suo afflato divino. Diventa quindi suggestivo vedere tanta distruzione e sentire una musica capace di evocare in noi una superiorità non effimera che riesce, anche per la sua bellezza estetica, a penetrare nella nostra anima, aiutata, paradossalmente, proprio da quelle immagini di morte e distruzione. Quest'asincronismo fra musica ed immagine si rivela del tutto funzionale, provocando nello spettatore una lettura che va oltre la passiva constatazione della catastrofe. Anche musicalmente, Lualdi tenta di riallacciarsi alle sonorità e ai colori della musica medievale, scorgendo proprio in tale epoca, e non a caso, una musica vocale tutta pervasa dal divino, un valore che la società contemporanea sembra aver perduto per sempre. Questa riacquisizione dell'epoca in cui l'Abbazia viene fondata informa di sé tutta la musica del film. La macchina da presa si ferma su due croci: sotto sono sepolti don Eusebio, uno dei confratelli morti durante la guerra, e il capitano tedesco Richter, anch'egli deceduto per lo stesso motivo. Fuori campo si sente la voce di don Eusebio che rievoca la vita di pace e fratellanza condotta nel Monastero prima che la terribile guerra compaia al suo portale. Nasce un dialogo "fantastico" tra il confratello e il capitano, un dialogo post mortem, da cui scaturirà, narrato in flash-back, tutto il film; la musica è sempre quella precedente, colorita da scale cromatiche degli archi che ondeggiano quasi a voler suggerire, mentre vediamo le immagini del Monastero prima della distruzione, il violento turbinio di un vento d'odio che presto avrebbe mietuto le sue vittime, come uno spirito invisibile, un angelo della morte giunto sulla terra per castigare l'uomo. Riviviamo, in questo film, quei mesi tremendi che portano alla distruzione dell'Abbazia e all'uccisione "gratuita" di molti civili. Nel 1943-1944 l'Abbazia si trova al centro delle difese tedesche, che cercano di sbarrare la strada per Roma agli alleati; il 15 febbraio 1944 l'intero edificio viene raso al suolo con un tremendo bombardamento e con un successivo cannoneggiamento, protratto anche nei giorni seguenti. L'episodio, che suscitò molte polemiche, nasce da un equivoco o almeno da un'iniziativa affrettata e ingiustificata dei comandi alleati. E' ormai accertato che il Monastero non viene affatto trasformato dai tedeschi in un caposaldo, e che non ospita contingenti di truppe, ma soltanto civili rifugiati, religiosi e alcuni ufficiali. Viene così incautamente distrutto uno dei più grandi monumenti del cattolicesimo, la ricostruzione del quale è da attribuirsi ad un restauro alacre e capace. Questa la storia del film, su cui aleggia la musica medievale, pervasa da grandiosa spiritualità e che si pone esplicitamente come espressione ultima dell'animo umano: solo una ferma fede può salvare e sorreggere quei civili sconvolti e costretti a vivere nelle situazioni più disdicevoli. Essa tace solamente quando il rumore assordante e tremendo degli aerei, delle bombe e dei cannoni si presentano come unica presenza uditiva. Man mano che la guerra diviene più aspra, dalle montagne si spostano e vanno a chiedere asilo al Monastero che per tradizione è una roccaforte sacra. E viene per quella povera gente il più triste natale della loro vita. La celebrazione si svolge nella chiesa: tutti i civili sono genuflessi sui banchi, raccolti in preghiera. E' l'unica cosa che gli rimane, pregare il loro Dio, chiedere perdono e, quindi, sperare in qualche mutamento, anche se la loro coscienza è pronta a smentire una tale ipotesi con la forza dei lutti e il rumore della guerra che li stringe come fosse un "cerchio di fuoco". Una madre ha appena perso la propria bambina, quella che è servita da modello a don Eusebio per il suo modesto quadro (si tratta di una Madonna con bambino).
Gianluca Nicastro (17.1.'10)
Segue nel prossimo numero!
Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del
dopoguerra italiano