Recensioni >> Negrita - HellDorado
Poco più di un anno fa i Negrita hanno pubblicato il loro settimo disco HellDorado. Se il precedente L'uomo sogna di volare (con relativo doppio DVD "Verso Sud", il film documentario con il making of dell'album "L'Uomo Sogna di Volare", i videoclip realizzati e il concerto registrato per MTV Live durante il tour) aveva fortemente risentito dell'influenza carioca del viaggio in Sudamerica compiuto dalla band al completo a ridosso delle registrazioni, quest'ultimo è totalmente impregnato di suoni, vibrazioni, percussioni e melodie argentine.
Ho deciso di ascoltarlo dopo un anno, non so neanche bene il perché, ma forse è per la sconfinata fiducia che questa band si è guadagnata nel corso degli anni. Uno dei pochi bastioni rock su cui si regge il panorama mainstream della musica italiana.Diciamo che questi due dischi sono uno la naturale evoluzione dell'altro.
Affascinati e rapiti dal Sud America ne L'uomo Sogna di Volare avevano perso quasi integralmente la loro radice rock blues con ballate molto percussive e molto MTV.
Che rumore fa la felicità appena uscita come primo singolo apripista del disco mi aveva messo proprio di cattivo umore, ancora una ballata d'amore, per carità sapientemente suonata, scritta e registrata..."ma si sa che la routine non si sposa al R&R", ero proprio stanco di sentirli in tonalità minori, innamorati e un pochino sdolcinati. Ma poi ti metti le cuffie dell'Ipod e ti senti queste percussioni che ti trascinano in vortice di danza e rum, gangia e tango e la voce di Pau, sempre più alto e dinoccolato, ci racconta con Radio Conga, Il Libro In Una Mano La Bomba Nell'Altra, Malavida en Bs.AS, Soy Taranta tutte le contraddizioni e dicotomie di questo affascinante e sconvolgente paese che è anche un po' il nostro ("[...] Terra di mare che mi consola" da Soy Taranta) e a volte non si capisce se parli della Puglia o della Terra Del Fuoco.
Certo amici miei, le influenze non mancano, ci sono innumerevoli riferimenti musicali da cui si sono abbeverati i nostri ragazzi di Olmo d'Arezzo, c'è il tango, come detto, c'è il reggae di Gioa Infinita, ci sono i Clash su tutti, ma c'è anche Roy Paci qui e lì su tutto il disco, che con la sua fantastica tromba dà un taglio ancora più etno rock popolare alla Sud Sound System o alla Modena City Ramblers, ma ci si sente anche tanto Manu Chao e i suoi Mano negra, c'è il mai troppo compianto Rino Gaetano e c'è finalmente, nuovamente, quel rock blues sporco che aveva caratterizzato i loro primi, fantastici dischi.
Per quel che mi riguarda il brano migliore è Il Ballo Decadente. Si apre con un fischietto ed una chitarra in levare che ci scagliano con un ritmo incalzante e una registrazione di una qualità sopraffina sulle miserie della nostra terra (o parla della crisi economica argentina? troppe affinità nelle crisi di questi due paesi), del nostro popolo, dei nostri politici, soprattutto di uno fra questi che mi rifiuto di nominare, anche se tutti sapete di chi si parla. Pau e soci sono cresciuti e non si tirano indietro, affrontano anche temi grandi senza essere pedanti e banali ma con l'esperienza vissuta in questi anni di viaggio e di ricerca, non solo musicale. Una consapevolezza dettata anche dalla voglia di non riproporre in eterno lo stesso disco ma rimettersi in gioco e rischiare, e rischiando in HellDorado hanno fatto centro con un album tirato, gioioso, maturo, colorato e intrigante.
Dimenticavo Ululallaluna deve molto nei riff di chitarra agli Offspings di "Pretty Fly (for a white guy)" e "Original Pranksters" ma loro, i Negrita stessi, ammettono "Non esiste più un innocente in questo mondo fetente", e chi è senza peccato scagli la prima pietra!
Antonio Bonansingo (14.2.10)