Recensioni >> Minimono - RunAway
Il
progetto Minimono nasce a Firenze alla fine degli anni '90 con il grande desiderio di
allargare il più possibile gli orizzonti espressivi della musica
elettronica. In quegli anni il dj Fabio
Della Torre cerca di contaminare il più possibile la sua musica con l'arte visiva,
la graphic
design e performance teatrali. Nel 2002 incontra il batterista e
produttore Ennio
Colaci,
e da allora Minimono diventa un progetto musicale esclusivo e appassionato.
Il nome nasce
da una favola cyberpunk di John
Shirley e rappresenta una metafora dove la musica viene utilizzata come
veicolo di progresso, mutazione, innovazione creativa.
Il loro
intento è quello di fondere le loro esperienze musicali in una
fresca produzione techno minimal con elementi più sperimentali,
mantenendo un tocco molto gradevole funky house con particolare
attenzione alla melodia. Il loro rapporto creativo viene valorizzato
dalla Bosconi
Records,
importante etichetta attenta all'esplorazione di tutte le possibili
diramazioni della dance elettronica.
A
gennaio esce il loro primo lavoro sulla lunga distanza, il nome è
Runaway e la copertina è tutta da vedere, ritrae una scultura realizzata
originalmente dall'artista visivo Sandro
Mele e oggi collocata a Buenos
Aires.
Il
soul e il funky sono la benzina che alimenta il fuoco di My
Sun,
brano di apertura, loop cantato e crescendo ritmico che catapultano
l'ascoltatore direttamente nelle strade di una qualsiasi metropoli
multicolore.
L'idea di una città funzionante, ecologica e connessa
con il mondo ispira i ritmi e il groove di New
City.
Le radici blues del duo sono sempre dietro l'angolo dello spartito ed
escono fuori prepotentemente nella sensuale ballata Weeds,
la melodia e il calore della chitarra accompagnano intrusi rumorosi e
nonsense che rinforzano il ritmo del brano.
Il brano che accende la dance
floor è Runaway,
canzone che dà il nome al disco e che scatena le danze tra melodie
luminose e loop divertiti.
Tredici
tracce in tutto, che attraversano il mondo della dance senza mai
cadere nel banale, per un album ricco ed eterogeneo da ballare e da
ascoltare. Il
risultato è un gradevolissimo disco che probabilmente non suona
rivoluzionario ma che riesce a scaldare in modo intelligente i
freddi cuori di un inverno poco divertente.
Claudio
Donatelli (19.12.10)